TSI - Tecnologie e servizi per le imprese

Interpelli

In questa sezione è riportato l’elenco degli interpelli in materia di Salute e Sicurezza del Ministero del Lavoro dal 1 gennaio 2016 ad oggi.

ANNO N. OGGETTO
2024 07 Interpello ai sensi dell’articolo 12 decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni. Quesito sull’aggiornamento dei preposti. Seduta della Commissione del 21 novembre 2024.

Si richiedono informazioni in merito alla scadenza del corso da preposti, se ogni due anni come dice la L.215/2021 o ogni 5 anni come dichiarava l’accordo Stato-Regioni del 2011.


In questa sezione è riportato l’elenco degli interpelli in materia di Salute e Sicurezza del Ministero del Lavoro dal 1 gennaio 2016 ad oggi.

ANNO N. OGGETTO
2024 06 Interpello ai sensi dell’articolo 12 decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni. Quesito di ordine generale sull’applicazione delle normative di competenza del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – formazione dei preposti in materia di salute e sicurezza sul lavoro – aggiornamento biennale o quinquennale – richiesta indicazioni. Seduta della Commissione del 24 ottobre 2024.

Si chiede un chiarimento in merito alla periodicità della formazione di aggiornamento del preposto: se debba essere già considerata anticipata a due anni nonostante la mancata pubblicazione del nuovo Accordo Stato-Regioni oppure se resti in vigore e valida l’indicazione contenuta nell’accordo Stato-Regioni del 2011 che prevede un aggiornamento quinquennale in capo al preposto


In questa sezione è riportato l’elenco degli interpelli in materia di Salute e Sicurezza del Ministero del Lavoro dal 1 gennaio 2016 ad oggi.

ANNO N. OGGETTO
2024 05 Interpello ai sensi dell’articolo 12 decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni, in merito alla “Designazione del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS)”. Seduta della Commissione del 24 ottobre 2024.

Il parere richiesto riguarda, tra le altre cose, il numero di RLS che devono essere eletti/designati.


In questa sezione è riportato l’elenco degli interpelli in materia di Salute e Sicurezza del Ministero del Lavoro dal 1 gennaio 2016 ad oggi.

ANNO N. OGGETTO
2024 04 Interpello ai sensi dell’articolo 12 del d.lgs. n. 81/2008 e successive modificazioni. “Quesito in merito alla corretta interpretazione della modifica all’art. 26 del D. Lgs. 81/08 introdotta dalla Legge 17 dicembre 2021, n. 215 di conversione del Decreto-Legge 21 ottobre 2021, n. 146”. Seduta della Commissione del 19 settembre 2024.

L’interpello risponde ad alcuni quesiti inerenti il ruolo del preposto nelle attività in appalto.


In questa sezione è riportato l’elenco degli interpelli in materia di Salute e Sicurezza del Ministero del Lavoro dal 1 gennaio 2016 ad oggi.

ANNO N. OGGETTO
2024 03  Interpello ai sensi dell’articolo 12 decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni. Quesito “per l’utilizzo della realtà virtuale come metodo di apprendimento e di verifica finale dei percorsi formativi e di aggiornamento obbligatori ex art. 37 comma 2 del decreto legislativo del 9 aprile 2008 n. 81 e s.m.i.”. Seduta della Commissione del 23 maggio 2024.

Si chiede la possibilità di utilizzare la realtà virtuale come metodo di apprendimento e dell’efficacia dei percorsi formativi e di aggiornamento obbligatori in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro ex art. 37 del decreto legislativo del 9 aprile 2008 n. 81 anche a fronte di quanto previsto dal decreto legge 146/2021.


In questa sezione è riportato l’elenco degli interpelli in materia di Salute e Sicurezza del Ministero del Lavoro dal 1 gennaio 2016 ad oggi.

ANNO N. OGGETTO
2024 02 Interpello ai sensi dell’articolo 12 del d.lgs. n. 81/2008 e successive modificazioni. Quesito in materia di formazione (art.37 comma 2 del DLgs.81/08) relativa al numero di partecipanti ai corsi rivolti agli studenti universitari che rientrano nella definizione di “lavoratori equiparati”. Seduta della Commissione del 18 aprile 2024.

È da ritenersi conforme all’ACSR del 21.12.11, relativamente alle modalità della formazione del personale ex art. 37, comma 2 del D. Lgs. 81/2008, un accordo “aziendale” che, nel rispetto del dettato di cui al punto 5-bis dell’ACSR, preveda un numero di studenti, equiparabili ai lavoratori, partecipanti ad ogni corso di formazione non superiore a 100 unità anziché a 35 di cui al punto 2 dell’ACSR? ritiene che, allo stato della normativa attuale, per quanto attiene al numero dei partecipanti ad ogni corso, non si possa prescindere da quanto previsto dal punto 12.8 e dall’allegato V dell’Accordo stipulato il 7 luglio 2016 in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.


In questa sezione è riportato l’elenco degli interpelli in materia di Salute e Sicurezza del Ministero del Lavoro dal 1 gennaio 2016 ad oggi.

ANNO N. OGGETTO
2024 01 Interpello ai sensi dell’articolo 12 del d.lgs. n. 81/2008 e successive modificazioni, in merito alla “Sorveglianza sanitaria a seguito di assenza superiore a 60 gg. per motivi di salute (art .41 comma 2 lettera e -ter D.Lgs. n. 81/08)”. Seduta della Commissione del 25 gennaio 2024.

L’Università degli Studi di Milano-Direzione Risorse Umane, ha avanzato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Commissione, in merito al seguente quesito: “A fronte delle varie differenti applicazioni nei vari ambiti della P.A. dell’assunto in oggetto, si chiede a Codesto Ministero di fornire un’interpretazione univoca della legge, ovvero di chiarire se un soggetto, anche se non esposto, nè segnalato esposto ad alcun rischio lavorativo (chimico, biologico, meccanico e per uso di VDT), debba essere visitato dopo i 60 gg. di assenza per malattia”.


ANNO N. OGGETTO
2023 05 Interpello n. 5/ 2023 alla Commissione per gli interpelli in materia di salute e sicurezza sul lavoro – Quesito sulla figura del preposto. Seduta della Commissione del 23 novembre 2023

Nella seduta della Commissione del 23 novembre 2023, la Camera di Commercio di Modena ha avanzato istanza di interpello in merito ai seguenti quesiti:
– Si chiede se l’obbligo di individuare il preposto sia sempre applicabile
– Si chiede se piccole realtà aziendali dove il datore di lavoro sia anche il preposto debbano provvedere all’individuazione
– Si chiede se tale figura possa coincidere con lo stesso datore di lavoro
– Si chiede se debba essere comunque individuato un preposto qualora una attività lavorativa non abbia un lavoratore che sovraintende l’attività lavorativa di altri lavoratori.
La Commissione ha risposto che la volontà del legislatore sembra voler “rafforzare il ruolo del preposto, quale figura di garanzia e che sussista sempre l’obbligo di una sua individuazione. Dovrebbe ritenersi, pertanto, che la coincidenza della figura del preposto con quella del datore di lavoro vada considerata solo come extrema ratio – a seguito dell’analisi e della valutazione dell’assetto aziendale, in considerazione della modesta complessità organizzativa dell’attività lavorativa – laddove il datore di lavoro sovraintenda direttamente a detta attività, esercitando i relativi poteri gerarchico – funzionali. Inoltre, non potendo un lavoratore essere il preposto di sé stesso, nel caso di un’impresa con un solo lavoratore le funzioni di preposto saranno svolte necessariamente dal datore di lavoro.


ANNO N. OGGETTO
2023 01 Interpello ai sensi dell’articolo 12 del D.lgs. n. 81/2008 e s.m.i. in merito alla “nomina del medico competente in relazione ai lavoratori in smart working”. Seduta della commissione del 26gennaio 2023.

La Confcommercio – Imprese per l’Italia ha avanzato istanza di interpello per conoscere il
parere di questa Commissione, in merito alla: «(…) possibilità, per il datore di lavoro, di continuare
attivamente, nonostante il periodo pandemico e in relazione all’utilizzo sempre maggiore del “lavoro
agile”, ai sensi della L. 22 maggio 2017 n. 81, le attività di sorveglianza sanitaria di cui all’art. 41
d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81.

Per visionare l’interpello completo: clicca qui


ANNO N. OGGETTO
2022 03 Interpello ai sensi dell’articolo 12 del D.lgs. n. 81/2008 e s.m.i. in merito alla “nomina RSPP”. Seduta della commissione del 15 dicembre 2022.

Il Dipartimento Autonomie Locali e Polizie Locali (DICCAP) e il Sindacato Unitario Lavoratori
Polizia Locale (SULPL) hanno formulato istanza di interpello per conoscere il parere di questa
Commissione in merito al seguente quesito: “un datore di lavoro può nominare più di un
responsabile del servizio prevenzione e protezione?”

Per visionare l’interpello completo: clicca qui


ANNO N. OGGETTO
2021 03 Interpello ai sensi dell’articolo 9 del d.lgs. n. 124/2004. Collocamento obbligatorio: esclusione dalla base di computo dei lavoratori in smart working.

Con l’istanza indicata in oggetto codesto Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del lavoro, su proposta del Consiglio Provinciale di Verona, ha richiesto chiarimenti in merito alla possibile esclusione dei dipendenti in smart working dalla base di computo dell’organico aziendale per la determinazione del numero dei soggetti disabili da assumere ai sensi della legge n. 68/1999.

Per visionare l’interpello completo: clicca qui


ANNO N. OGGETTO
2020 01 Interpello ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo n. 124/2004 – Retribuibilità dei tempi di vestizione dei lavoratori: articolo 1, comma 2, lett. a), del decreto legislativo n. 66/2003.

L’UGL – Federazione nazionale delle autonomie ha formulato istanza di interpello al fine di conoscere se possano essere inclusi nell’orario di lavoro i tempi di vestizione della divisa da parte dei dipendenti, inquadrati in vari ruoli professionali, di aziende che applichino un CCNL che non preveda disposizioni specifiche al riguardo.

Per visionare l’interpello completo: clicca qui


ANNO N. OGGETTO
2020 02 Interpello ai sensi dell’articolo 12 del d.lgs. n. 81/2008 e successive modificazioni in merito al “Diritto ad usufruire del servizio di mensa o sostitutivo del Rappresentante dei Lavoratori per la sicurezza nel Pubblico Impiego”. Seduta della Commissione del 20 febbraio 2020.

L’Unione sindacale di base Pubblico impiego ha avanzato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Commissione per gli interpelli in materia di salute e sicurezza sul lavoro, in merito alla seguente problematica: « se i permessi ex art. 50 D.lgs. 81/2008 e C.C.Q. del 10.07.1996, fruiti per adempiere alle funzioni di Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, devono essere considerati servizio a tutti gli effetti e quindi assimilabile all’attività di servizio “istituzionale” anche ai fini del diritto alla fruizione del servizio di mensa o sostitutivo».
La Commissione, per quanto concerne i profili di propria competenza, fermo restando che il Rappresentante dei Lavoratori per la sicurezza non può subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attività e deve disporre del tempo e dei mezzi necessari per l’espletamento dell’incarico, ritiene che, per espressa previsione normativa, le modalità per l’esercizio delle relative funzioni debbano essere stabilite in sede di contrattazione collettiva nazionale sia essa pubblica che privata.

Per visionare l’interpello completo: clicca qui


ANNO N. OGGETTO
2020 01 Interpello ai sensi dell’articolo 12 del d.lgs. n. 81/2008 e successive modificazioni in merito “all’applicazione della sanzione prevista per la violazione dell’art. 71 comma 7 e art. 73 comma 4 del D.Lgs. 81/08.”

La Regione Friuli Venezia Giulia ha avanzato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Commissione, in merito alla seguente problematica:
«L’art. 69, comma 1, lettera e) del D. Lgs. 81/08 definisce operatore: il lavoratore incaricato dell’uso di una attrezzatura di lavoro o il datore di lavoro che ne fa uso.
L’art. 71, co. 7, lettera a) del medesimo Decreto sancisce che “qualora le attrezzature richiedano per il loro impiego conoscenze o responsabilità particolari in relazione ai loro rischispecifici, il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché: a) l’uso dell’attrezzatura di lavoro sia riservato ai lavoratori allo scopo incaricati che abbiano ricevuto una informazione, formazione ed addestramento adeguati.” Tale formazione, in relazione a quanto disposto dall’art. 73, comma 4, per le attrezzature che richiedono conoscenze e responsabilità particolari, ha caratteristiche “tali da consentire l’utilizzo delle attrezzature in modo idoneo e sicuro, anche in relazione ai rischi che possano essere causati ad altre persone.”
Visto quanto previsto dall’art. 69, co. 1, lett. e) del Testo Unico, quindi, anche il datore di lavoro che utilizza le attrezzature di cui al comma 4 dell’art. 73 è considerato operatore e in quanto tale deve essere formato e abilitato al loro utilizzo.
Ciò premesso, in virtù di tale parificazione di fatto al lavoratore, si richiede se in caso di omessa abilitazione del datore di lavoro all’utilizzo di attrezzature di cui all’art. 73 co. 4 debba essere ascritta allo stesso la sanzione prevista dall’art. 87 – comma 2, lettera c), del D. Lgs. 81/08, in riferimento alla violazione di cui all’art. 71, comma 7, lettera a), del medesimo Decreto in relazione ai rischi che come un qualsiasi altro lavoratore potrebbe indurre ai terzi».
La Commissione rileva che il decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151, ha modificato il citato articolo 69, comma 1, lettera e), del decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008, inserendo nella definizione di “operatore” anche il datore di lavoro che precedentemente ne era escluso, ma non è intervenuto sui successivi articoli 71, comma 7, lettera a) e 87, comma 2, lettera c), del medesimo decreto.
La Commissione, pertanto, ritiene che sia vietato l’utilizzo di qualsiasi attrezzatura di lavoro, per la quale è prevista una specifica abilitazione, da parte di qualsiasi “operatore”, compreso il datore di lavoro che ne sia privo. Tuttavia, fatta salva l’applicazione alle singole fattispecie concrete di diverse disposizioni sanzionatorie previste dalla normativa vigente, la Commissione ritiene – sulla base del principio di tipicità che regola il sistema penale – che l’ambito di operatività del sopra citato articolo 87, comma 2, lettera c), del d.lgs. n. 81/2008 debba essere circoscritto alle fattispecie in esso previste, pertanto le relative sanzioni non possono essere applicate qualora tali attrezzature siano utilizzate dal datore di lavoro.

Per visionare l’interpello completo: clicca qui


ANNO N. OGGETTO
2019 07 Interpello ai sensi dell’articolo 12 del d.lgs. n. 81/2008 e successive modificazioni. “Chiarimenti in merito l’obbligo di cui art. 148 comma 1 del D.Lgs. 81/2008”.”

La Federazione Sindacale Italiana dei Tecnici e Coordinatori della Sicurezza ha formulato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Commissione in merito agli interpelli in materia di salute e sicurezza sul lavoro in merito al seguente quesito: “Il datore di lavoro deve sempre predisporre obbligatoriamente misure di protezione collettiva, ai sensi dell’art. 148 c. 1 D.Lgs. 81/2008 e smi, ovvero ha la facoltà di valutare caso per caso quali misure di protezione (collettiva o individuale) adottare?”.

La Commissione ritiene che, in particolare, il citato articolo 148, riguardante i lavori speciali, sancisce l’obbligo di predisporre comunque misure di protezione collettiva, nel caso di lavori effettuati su lucernari, tetti, coperture e simili,che possano esporre a rischio il lavoratore e qualora, sulla base della valutazione del rischio, le citate superfici non siano in grado di garantire una resistenza sufficiente per sostenere il peso degli operai e dei materiali di impiego o sia dubbia la loro resistenza, devono essere adottati i necessari apprestamenti atti ad assicurare l’incolumità delle persone addette.
La norma de qua è, dunque, una disposizione speciale rispetto a quella generale di cui all’articolo 111 del menzionato decreto legislativo che disciplina i lavori in quota e come tale prevalente rispetto ad essa nell’ambito delle fattispecie espressamente previste.

Per visionare l’interpello completo: clicca qui


ANNO N. OGGETTO
2019 06 Interpello ai sensi dell’articolo 12 del d.lgs. n. 81/2008 e successive modificazioni. “decreto 22 gennaio 2019 recante criteri generali di sicurezza relativi alle procedure di revisione, integrazione e apposizione di segnaletica stradale destinata ad attività lavorative in presenza di traffico veicolare – chiarimenti sull’aggiornamento dei corsi di formazione già effettuati secondo le regole del 2013”

L’Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE) ha formulato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Commissione in merito alla “validità dei corsi di aggiornamento erogati secondo le regole del decreto interministeriale 4 marzo 2013, recante criteri generali di sicurezza relativi alle procedure di revisione, integrazione e apposizione di segnaletica stradale destinata ad attività lavorative in presenza di traffico veicolare, recentemente abrogato a seguito dell’entrata in vigore (15 marzo 2019) del decreto interministeriale 22 gennaio 2019”.

La Commissione ritiene che, in assenza di una disciplina transitoria che statuisca diversamente e di un’interpretazione autentica della materia, trovi applicazione il principio generale della successione delle leggi nel tempo.
Pertanto le disposizioni introdotte dal decreto interministeriale del 22 gennaio 2019 troveranno
applicazione dalla data della loro entrata in vigore. Tanto premesso gli attestati conseguiti precedentemente all’entrata in vigore del decreto interministeriale del 22 gennaio 2019 manterranno la loro validità fino alla scadenza prevista dalla previgente normativa.

Per visionare l’interpello completo: clicca qui

ANNO N. OGGETTO
2019 05 Interpello ai sensi dell’articolo 12 del d.lgs. n. 81/2008 e successive modificazioni. Articolo 53 del decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008 e successive modificazioni – Tenuta della documentazione sanitaria su supporto informatico.

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con interpello del 28 maggio 2019 , fornisce il proprio parere in merito alla tenuta della documentazione sanitaria su supporto informatico .
La Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO) ha formulato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Commissione in merito ai seguenti quesiti: «è giustificata la richiesta al Medico Competente di inserire dati sanitari in un data base aziendale complesso? Non sarebbe più opportuno limitare l’inserimento al giudizio di idoneità ed alle limitazioni, lasciando ad altri files, nelle uniche disponibilità del Medico, i dati più “personali”? E’ lecito che l’Amministrazione di sistema sia lo stesso Datore di lavoro od un lavoratore dipendente dallo stesso individuato?

Per visionare l’interpello completo: clicca qui


ANNO N. OGGETTO
2019 04 Interpello-2-2019.Interpello ai sensi dell’articolo 9 del d.lgs. n. 124/2004. Riposi giornalieri ex articolo 39 del d.lgs. n. 151/2001 e diritto alla pausa pranzo e alla fruibilità del servizio mensa.

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con interpello del 16 aprile 2019 , fornisce il proprio parere in merito ai
riposi giornalieri ex articolo 39 del d.lgs. n. 151/2001 e diritto alla pausa pranzo e alla fruibilità del servizio mensa.
L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale ha formulato istanza di interpello per conoscere il parere riguardo al diritto alla pausa pranzo e alla conseguente attribuzione del buono pasto, ovvero alla fruizione del servizio mensa, da parte delle lavoratrici che usufruiscono dei riposi giornalieri “per allattamento” di cui all’articolo 39 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 e successive modificazioni.
Per visionare l’interpello completo: clicca qui


ANNO N. OGGETTO
2019 03 Interpello-dlgs-81-08-n-3-2019: Interpello ai sensi dell’articolo 12, d.lgs. n. 81/2008 e successive modificazioni. Quesito in materia di salute e sicurezza del lavoro – aggiornamento per coordinatori per la progettazione e per l’esecuzione dei lavori – numero massimo di partecipanti a convegni o seminari validi ai fini dell’aggiornamento. Seduta della Commissione del 20 marzo 2019.

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con interpello del 20 marzo 2019 , fornisce il proprio parere in materia di salute e sicurezza del lavoro in merito all’aggiornamento per coordinatori per la progettazione e per l’esecuzione dei lavori nello specifico al numero massimo di partecipanti a convegni o seminari validi ai fini dell’aggiornamento.La Federazione Sindacale Italiana ha formulato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Commissione per chiedere in merito a “quale sia il corretto numero massimo di partecipanti ai convegni o seminari di aggiornamento per i Coordinatori per la Sicurezza: nessun limite massimo, così come indicato nel cap. 9.1, ovvero 35 partecipanti così come indicato nell’Allegato V all’ACSR del 07.07.2016”.
Per visionare l’interpello completo: clicca qui


ANNO N. OGGETTO
2019 02 Interpello-dlgs-81-08-n-2-2019: Interpello ai sensi dell’articolo 12 del d.lgs. n. 81/2008 e successive modificazioni.“Applicazione, per l’attività degli Enti ispettivi, della Circolare Orientamenti pratici per la determinazione delle esposizioni sporadiche e di debole intensità (ESEDI) all’amianto nell’ambito delle attività previste dall’art. 249 c. 2 del D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 come modificato e integrato dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106″. Seduta della Commissione del 15 febbraio 2019.

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con interpello del 15 febbraio 2019 , fornisce il proprio parere in materia di salute e sicurezza del lavoro in merito all’applicazione, per l’attività degli Enti ispettivi, della Circolare “Orientamenti pratici per la determinazione delle esposizioni sporadiche e di debole intensità (ESEDI) all’amianto nell’ambito delle attività previste dall’art. 249 c. 2 del D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 come modificato e
integrato dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106”.La Regione Toscana ha formulato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Commissione per chiedere se il punto d), dell’allegato 1 alla Circolare Esedi, trova applicazione per gli Enti ispettivi.
Nello specifico il richiedente rappresenta che al punto d), dell’allegato 1 alla lettera circolare richiamata, per la “Sorveglianza e controllo dell’aria e prelievo dei campioni ai fini dell’individuazione della presenza di amianto in un determinato materiale si citano attività di campionamento ed analisi di campioni aerei o massivi ed attività di sopralluogo per accertare lo stato di conservazione dei
manufatti installati”.
Per visionare l’interpello completo: clicca qui


ANNO N. OGGETTO
2019 01 Interpello-dlgs-81-08-n-1-2019: Quesito in materia di salute e sicurezza del lavoro – corsi di aggiornamento per i professionisti antincendio e corsi di aggiornamento per RSPP e coordinatori per la sicurezza – possibilità di istituire un unico corso con effetti abilitanti per diverse qualifiche professionali

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con interpello del 31 gennaio 2019 , fornisce il proprio parere in materia di salute e sicurezza del lavoro in merito ai corsi di aggiornamento per i professionisti antincendio e corsi di aggiornamento per RSPP e coordinatori per la sicurezza.Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha formulato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Commissione in merito a quanto segue:
1. se “sia consentito organizzare un unico corso formativo valido sia quale aggiornamento per RSPP, ASPP e coordinatori per la sicurezza nei cantieri, sia quale aggiornamento per la qualifica
di professionista antincendio, ex d.lgs. n. 139/2006 e DM 5 agosto 2011”;
2. se “sia possibile erogare tale corso sotto forma, da un lato, di aggiornamento per RSPP, ASPP e coordinatori per la sicurezza, e, contemporaneamente, dall’altro lato, quale convegno o
seminario di aggiornamento per i professionisti antincendio” .
Per visionare l’interpello completo: clicca qui


ANNO N. OGGETTO
2018 13 Interpretazione della disciplina sull’indennità di maternità per le lavoratrici libere professioniste di cui all’articolo 70 del d.lgs. n. 151/2001.

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con interpello del 12 dicembre 2018, fornisce il proprio parere in merito sull’indennità di maternità per le lavoratrici libere professioniste di cui all’articolo 70 del d.lgs. n. 151/2001.
Per visionare l’interpello completo: clicca qui


ANNO N. OGGETTO
2018 12 Soggetti formatori per corsi per lavoratori in modalità e – learning.

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con interpello del 21 settembre 2018, fornisce il proprio parere in merito l’individuazione dei soggetti formatori in modalità e-learning per RSPP ; ASPP e comuni lavoratori.<a
Per visionare l’interpello completo: clicca qui


ANNO N. OGGETTO
2018 11 Contrattazione collettiva e responsabilità solidale dell’articolo 29

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con interpello del 13 settembre 2018, risponde alla UGL Terziario al fine di conoscere la corretta interpretazione del disposto di cui all’articolo 29, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, così come modificato dall’articolo 2 del decreto-legge 17 marzo 2017, n. 25, convertito dalla legge 20 aprile 2017, n. 49.
Per visionare l’interpello completo: clicca qui


ANNO N. OGGETTO
2018 9 Quesiti relativi “ad un solo macchinista” e al “dispositivo vigilante”

 

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con interpello del 21 settembre 2018, risponde ad un quesito dell’Associazione FerCargo, concernente l’art. 12 D.Lgs. 81/2008.
In particolare l’istante richiede un parere in merito “al modulo di condotta per i treni merci sul territorio italiano ad un solo macchinista in modo da fornire criteri interpretativi e direttivi per l’attività di vigilanza” ed all’utilizzo “del dispositivo vigilante e più in generale in merito alla correttezza dell’utilizzo di qualsiasi dispositivo omologato unitamente alla locomotiva stessa (se utilizzata dai macchinisti nel rispetto dei turni previsti dal D.Lgs. 23 dicembre 2010 n. 264) in modo da fornire criteri interpretativi e direttivi per l’esercizio dell’attività di vigilanza”.
La risposta del Ministero del Lavoro:
La Commissione, per quanto concerne il primo punto dell’istanza, rappresenta di essersi già espressa con l’interpello n. 2 del 21 marzo 2016.
Per quanto riguarda il secondo punto, la Commissione ritiene di non potersi esprimere sulla necessità di “utilizzo del dispositivo vigilante” (definito come “strumento di controllo dell’attività del macchinista” nel “Regolamento (UE) n. 1302/2014 relativo a una specifica tecnica di interoperabilità per il sottosistema “Materiale rotabile – Locomotive e materiale rotabile per il trasporto di passeggeri” del sistema ferroviario dell’Unione europea), indipendentemente dalla particolare tipologia del dispositivo, in quanto la tematica non afferisce alla competenza della Commissione per gli interpelli che, ai sensi dell’articolo 12, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81 e successive modificazioni può esprimersi esclusivamente su “quesiti di ordine generale sull’applicazione della normativa in materia di salte e sicurezza sul lavoro”.
In merito alla “correttezza dell’utilizzo di qualsiasi dispositivo (vigilante) omologato unitamente alla locomotiva”, la Commissione rileva che, anche se conforme agli standard europei e nazionali, il datore di lavoro debba valutarne l’impatto sulla salute e sicurezza dei lavoratori nell’ambito della valutazione dei rischi di cui agli articoli 17 e 28 del citato decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81, non potendo l’omologazione in ambito di interoperabilità ferroviaria fungere da presunzione di conformità del dispositivo alle norme previste dal richiamato decreto legislativo.
Si evidenzia, altresì, quanto previsto dall’art. 15 comma 1, lettera d) del richiamato decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81 che, tra le misure generali di sicurezza a carico del datore di lavoro, individua anche “il rispetto dei principi ergonomici nella organizzazione del lavoro, nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, in particolare al fine di ridurre gli effetti sulla salute del lavoro monotono e di quello ripetitivo”. Pertanto, il datore di lavoro, nell’ambito della valutazione dei rischi, dovrà porre in essere tutte le misure tecnologicamente adottabili, tali da eliminare o ridurre gli effetti pregiudizievoli sulla salute del lavoratore compresi quelli riferiti al lavoro monotono e ripetitivo.
Infine la Commissione ritiene di non potersi esprimere in merito alle caratteristiche di una specifica tipologia di strumento di controllo o dispositivo vigilante, poiché esula dalle proprie competenze ai sensi del già citato articolo 12, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81, non rivestendo la questione carattere generale.

Per visionare l’interpello completo: clicca qui


ANNO N. OGGETTO
2018 8 Sicurezza del lavoro per i tirocini presso lavoratori autonomi non inquadrabili come datori di lavoro

 

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con interpello del 22 giugno 2018, risponde ad un quesito della Provincia Autonoma di Trento, concernente l’art. 12 D.Lgs. 81/2008.
In particolare l’istante rappresenta che «[…] Diversi Istituti scolastici promuovono la formazione degli studenti presso Maestri Artigiani, sia attraverso progetti dedicati (quale il “Progetto Tirocini presso Maestri Artigiani” curato dall’Agenzia del lavoro della Provincia di Trento in base alla deliberazione della Giunta provinciale n. 1945/15) sia attraverso l’alternanza scuola – lavoro prevista dalla Legge 107/15.
Si tratta di percorsi di formazione che vengono svolti (nel caso del “Progetto Tirocini presso Maestri Artigiani” e in alcuni casi di alternanza scuola – lavoro), presso lavoratori autonomi (come, appunto, i Maestri Artigiani)[…] ».
Nello specifico il richiedente chiede di conoscere “se, nei casi di tirocini formativi da svolgersi presso lavoratori autonomi non configurabili come datori di lavoro, sia applicabile l’articolo 21 del D.Lgs.81/08, individuando particolari modalità per garantire la tutela e sicurezza del tirocinante o se invece il Decreto vada applicato interamente, con conseguente e non indifferente aggravio di oneri a carico dell’imprenditore e possibili effetti sulla realizzabilità del tirocinio stesso”.
La risposta del Ministero del Lavoro:
La Commissione ritiene che, per le modalità di applicazione della normativa per la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro agli studenti in regime di alternanza scuola – lavoro, dovrà farsi riferimento alla specifica disciplina contenuta nel richiamato articolo 5 del decreto interministeriale 3 novembre 2017, n. 195 in combinato disposto con le previsioni di cui al decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81 e successive modificazioni.

Per visionare l’interpello completo: clicca qui


ANNO N. OGGETTO
2018 7 Indennità di maternità per le lavoratrici libere

 

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con interpello del 29 maggio 2018, risponde ad un quesito del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, concernente la base di calcolo del reddito della libera professionista ai fini della determinazione dell’indennità di maternità spettante alla stessa, relativamente all’ipotesi in cui essa rientri in Italia dopo aver svolto continuativamente un’attività lavorativa o aver conseguito un titolo di studio all’estero.
Il predetto articolo individua tale indennità nella misura “[…] pari all’ottanta per cento di cinque dodicesimi del solo reddito professionale percepito e denunciato ai fini fiscali come reddito da lavoro autonomo della libera professionista nel secondo anno precedente a quello dell’evento”.
In particolare, si chiede se con la locuzione “reddito professionale” sia da intendersi l’intero reddito professionale percepito dalla libera professionista, oppure, in relazione al caso di specie, ci si debba riferire allo stesso, ma in termini ridotti ai sensi, rispettivamente, della legge n. 238/2010 e dell’articolo 16 del d.lgs. n. 147/2015, entrambi recanti incentivi fiscali – comportanti una riduzione della base imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche – per i lavoratori dipendenti od autonomi, cittadini dell’Unione europea, che rientrino in Italia dall’estero.
La risposta del Ministero del Lavoro: “Alla luce di tali considerazioni, il reddito professionale da prendere a riferimento per il calcolo dell’indennità di maternità di cui all’articolo 70 del d.lgs. n. 151/2001, è quello determinato in misura ridotta ai sensi della legge n. 238/2010 e dell’articolo 16 del d.lgs. n. 147/2015 e come tale denunciato ai fini fiscali.”
Per visionare l’interpello completo: clicca qui


ANNO N. OGGETTO
2018 6 Art. 31, comma 1, lettera e) ed f), del d.lgs. n. 150/2015 recante la disciplina dei principi generali di fruizione degli incentivi.

 

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con interpello del 29 maggio 2018, risponde ad un quesito dell’Associazione Nazionale delle Agenzie per il Lavoro, in merito alla corretta interpretazione dell’articolo 31, comma 1, lettere e) ed f) del decreto legislativo n. 150 del 14 settembre 2015.
In particolare, l’Associazione istante chiede se la condizione dell’incremento occupazionale netto della forza lavoro mediamente occupata, fermo restando la presenza degli altri requisiti stabiliti dalle singole disposizioni per la fruibilità degli incentivi di legge, debba essere riferita all’impresa utilizzatrice ovvero all’Agenzia per il lavoro in caso di assunzione di lavoratori in somministrazione.
La risposta del Ministero del Lavoro
“..appare conforme ai principi generali di cui alle lettere e) ed f) dell’articolo 31 del d.lgs. n. 150/2015 e all’orientamento già espresso da questo Ministero con la risposta ad interpello n. 23/2016 ritenere che, in caso di assunzione di un lavoratore in somministrazione, la condizione dell’incremento occupazionale netto sulla media dei lavoratori occupati nei dodici mesi precedenti sia riferita all’impresa utilizzatrice, al fine di ottenere i benefici economici legati all’assunzione e sempre che ricorrano i requisiti stabiliti dalle specifiche normative per la fruibilità degli incentivi.”
Per visionare l’interpello completo: clicca qui


ANNO N. OGGETTO
2018 5 Quesiti in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro ex Articolo 12 D.lgs. 81/08 s.m.i.

 

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con interpello del 23 maggio 2018, risponde al DICCAP – Dipartimento Autonomie Locali e Polizie Locali relativamente alle richieste fatte in merito al servizio di vigilanza svolta presso alcuni campi nomadi dove “…si verificano, in maniera costante, roghi […] tali roghi, oltre all’allarme di inquinamento ambientale ed oltre al danno alla salute cagionato nei confronti dei cittadini, preoccupano non poco anche lo Scrivente e tutti i reparti di Polizia Locale coinvolti. Infatti, i roghi in questione rappresentano un pericolo per la salute e sicurezza dei lavoratori coinvolti nel servizio di pattuglia”.
Per visionare l’interpello completo: clicca qui


ANNO N. OGGETTO
2018 4 Attività di vigilanza e incompatibilità con l’attività di medico competente

 

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con interpello del 12 aprile 2018, risponde ad un quesito della Regione Lazio, per conoscere il parere in merito alla corretta interpretazione dell’articolo 39, comma 3, del decreto legislativo n. 81/2008, il quale dispone che: “Il dipendente di una struttura pubblica, assegnato agli uffici che svolgono attività di vigilanza, non può prestare, ad alcun titolo e in alcuna parte del territorio nazionale, attività di medico competente”. […]
Al riguardo occorre premettere che il citato articolo 39, comma 3, del decreto legislativo n. 81/2008 si pone in continuità rispetto all’abrogato articolo 17, comma 7, decreto legislativo n. 626 del 19 settembre 1994 secondo cui: “Il dipendente di una struttura pubblica non può svolgere l’attività di medico competente qualora esplichi attività di vigilanza”.
Inoltre, l’articolo 7 del decreto legislativo n. 229 del 19 giugno 1999 – che ha introdotto l’articolo 7-bis nel decreto legislativo n. 502 del 30 dicembre 1992 – ha definito il Dipartimento di prevenzione come “una struttura operativa dell’unità sanitaria locale che garantisce la tutela della salute collettiva, perseguendo obiettivi di promozione della salute, prevenzione delle malattie e delle disabilità e il miglioramento della qualità della vita”.
A tal fine “il dipartimento di prevenzione promuove azioni volte a individuare e rimuovere le cause di nocività e malattia di origine ambientale, umana e animale, mediante iniziative coordinate con i distretti, con i dipartimenti dell’azienda sanitaria locale e delle aziende ospedaliere, prevedendo il coinvolgimento di operatori di diverse discipline”.
Nell’intento del legislatore, dunque, il Dipartimento di prevenzione rappresenta un’unica struttura deputata allo svolgimento di attività polifunzionali, volte a garantire un continuo innalzamento del livello di salute e di miglioramento della qualità della vita.
In tale contesto il Dipartimento non esercita solo un’attività di vigilanza, intesa come “mero controllo” di tipo repressivo e sanzionatorio, ma anche funzioni di tipo preventivo e autorizzativo.
L’attività del Dipartimento si concretizza, altresì, nella ricerca attiva di soluzioni condivise con tutti gli attori che sono chiamati a concorrere alla prevenzione e gestione dei rischi.
Emerge dunque una pluralità di funzioni attribuite al Dipartimento, che oltre alla funzione di vigilanza e controllo, è chiamato a garantire l’attuazione di interventi complessi nell’ambito dell’assistenza collettiva, quali la sorveglianza epidemiologica, l’informazione all’utenza, l’assistenza alle imprese, la formazione degli operatori, l’educazione sanitaria della popolazione, l’informazione e la comunicazione del rischio per la salute.
Sulla base di tali elementi la Commissione ritiene che, in considerazione della natura polifunzionale del Dipartimento di prevenzione, il disposto dall’articolo 39, comma 3, del decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008, debba ritenersi applicabile a tutte le strutture che compongono il citato Dipartimento ed a tutto il personale ad esso assegnato, indipendentemente dalla qualifica rivestita.
Per visionare l’interpello completo: clicca qui


ANNO N. OGGETTO
2018 3 Obblighi per il datore di lavoro che svolge attività esclusivamente presso unità produttive del committente

 

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con interpello n. 3 del 28 febbraio 2018, risponde all’ANIP, in merito alla corretta interpretazione circa l’erogazione di servizi a soggetti committenti, qualora “si trova nella condizione di non avere la disponibilità giuridica ed esclusiva dei luoghi in cui si svolge l’appalto, ma utilizza locali della Committenza (spogliatoi, magazzini, uffici) e soprattutto eroga i servizi in tutti gli ambienti (reparti, hall, corridoi, stanze, spazi esterni, uffici, ambulatori, laboratori, officine, ecc.)”.
In particolare, i pareri richiesti riguardano i seguenti tre quesiti:
1) Per un DL che svolge le proprie attività esclusivamente presso unità produttive del DL Committente, l’obbligo imposto dall’art.18, comma 1, lettera b), del D.lgs. 81/2008 può ritenersi assolto attraverso la presa d’atto che il DL committente ha predisposto un PGE che coinvolge anche eventuali lavoratori di Aziende terze?
2) Le sue squadre di emergenza e primo soccorso possono considerarsi sufficienti per tutelare tutti i Soggetti, anche Appaltatori, presenti nei suoi luoghi di lavoro?
3) La presa d’atto che il DL committente ha predisposto un PGE che coinvolge anche eventuali lavoratori di Aziende terze, e ha nominato le squadre di emergenza e primo soccorso, potrebbe avvenire nell’ambito delle misure di cooperazione e coordinamento già previste all’art. 26 del T.U. Sicurezza: questa presa d’atto, formalizzata attraverso un verbale di condivisione del PGE stesso, è sufficiente per ritenere soddisfatto l’obbligo per l’Appaltatore di cui all’art. 18, comma 1, lettera b), D.lgs. 81/2008?
La risposta del Ministero del Lavoro:
Al riguardo occorre premettere che l’articolo 18 – Obblighi del datore di lavoro e del dirigente, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 81/2008 prevede che: “Il datore di lavoro, che esercita le attività di cui all’articolo 3, e i dirigenti, che organizzano e dirigono le stesse attività secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite, devono: (…) b) designare preventivamente i lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza”.
L’art. 43, comma 2, del d.lgs. n. 81/2008 prevede, inoltre, che “ai fini delle designazioni di cui al comma 1, lettera b) – ossia dei lavoratori di cui all’articolo 18, comma 1, lettera b) – il datore di lavoro tiene conto delle dimensioni dell’azienda e dei rischi specifici…”.
In considerazione, dunque, di quanto previsto dal citato articolo 43, comma 2, del d.lgs. n. 81/2008 il numero degli addetti non può essere aprioristicamente determinato, in quanto la designazione dei lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza, deve avvenire sulla base degli esiti della valutazione dei rischi e del piano di emergenza, qualora sia previsto.
L’articolo 46, comma 4), del d.lgs. n. 81/2008 stabilisce che: “Fino all’adozione dei Decreti di cui al comma 3, continuano ad applicarsi i criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione delle emergenze nei luoghi di lavoro di cui al decreto del Ministro dell’interno in data 10 marzo 1998”.
Il citato decreto definisce “i criteri per la valutazione dei rischi di incendio nei luoghi di lavoro ed indica le misure di prevenzione e di protezione antincendio da adottare, al fine di ridurre l’insorgenza di un incendio e di limitarne le conseguenze qualora esso si verifichi” (art. 1, comma 1).
Il successivo articolo 5 prevede che:
“1. All’esito della valutazione dei rischi d’incendio, il datore di lavoro adotta le necessarie misure organizzative e gestionali da attuare in caso di incendio riportandole in un piano di emergenza elaborato in conformità ai criteri di cui all’allegato VIII.
2. Ad eccezione delle aziende di cui all’articolo 3, comma 2, del presente decreto, per i luoghi di lavoro ove sono occupati meno di 10 dipendenti, il datore di lavoro non è tenuto alla redazione del piano di emergenza, ferma restando l’adozione delle necessarie misure organizzative e gestionali da attuare in caso di incendio”.
Il piano di emergenza, in particolare, costituisce l’insieme di tutte le istruzioni, dei comportamenti e delle procedure da seguire in caso di emergenza, con specifico riferimento ai casi di lotta all’incendio e di evacuazione.
Lo scopo del piano di emergenza è, dunque, quello di ridurre le conseguenze di un incidente mediante l’uso razionale delle risorse umane e materiali disponibili. Il suddetto piano deve, quindi, contenere semplici e chiare indicazioni sulle modalità delle operazioni di pronto intervento in caso di pericolo.
Secondo quanto previsto dal menzionato allegato VIII del d.m. 10 marzo 1998, i fattori da tenere presenti nella compilazione del piano di emergenza e da includere nella stesura dello stesso sono:
“- le caratteristiche dei luoghi con particolare riferimento alle vie di esodo;
– il sistema di rivelazione e di allarme incendio;
– il numero delle persone presenti e la loro ubicazione;
– i lavoratori esposti a rischi particolari;
– il numero di addetti all’attuazione ed al controllo del piano nonché all’assistenza per l’evacuazione (addetti alla gestione delle emergenze, evacuazione, lotta antincendio, pronto soccorso);
– il livello di informazione e formazione fornito ai lavoratori”.
Riguardo, infine, all’articolo 26 del d.lgs. n. 81/2008, come già espresso nella risposta all’interpello n. 6/2013 del 2 maggio 2013, “…ai sensi dei commi 1 e 2 in capo al datore di lavoro committente gravano i seguenti obblighi:
1) verificare, anche attraverso l’iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato, l’idoneità tecnico professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori da affidare in appalto o contratto d’opera;
2) fornire agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività;
3) promuovere, in particolare:
– la cooperazione all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto;
– il coordinamento degli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera complessiva.
Il comma 3 dell’articolo 26 impone, inoltre, al datore di lavoro, l’obbligo di promuovere la cooperazione e il coordinamento elaborando un unico documento di valutazione dei rischi (di seguito, DUVRI), il quale deve essere allegato al contratto d’appalto o d’opera, che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non è possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze. Tale documento, per espressa previsione legislativa, non trova applicazione con riferimento ai “rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi”; ciò in quanto evidentemente il Legislatore, in relazione a tali rischi, da considerare “tipici” dell’attività dell’impresa o dei lavoratori autonomi, non ne ritiene – ferma restando l’applicazione delle disposizioni di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo in questione – necessaria la puntuale identificazione in un documento.
Al riguardo (cfr. Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, Determinazione 5 marzo 2008, n. 3, in Gazzetta Ufficiale, 15 marzo 2008) va evidenziato che è possibile parlare d’interferenza ove si verifica un “contatto rischioso” tra il personale del datore di lavoro committente e quello dell’appaltatore o tra il personale di imprese diverse che operano nella stessa sede aziendale con contratti differenti. In linea di principio, in altre parole, occorre mettere in relazione i rischi presenti nei luoghi in cui verrà espletato il lavoro, servizio o fornitura con i rischi derivanti dall’esecuzione del contratto, con la conseguenza che il DUVRI dovrà essere redatto solo nei casi in cui esistano interferenze. Inoltre, resta inteso che nel documento in parola non devono essere riportati i rischi propri dell’attività delle singole imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi, in quanto trattasi di rischi per i quali resta immutato l’obbligo dell’appaltatore di redigere un apposito documento di valutazione del rischio e di provvedere all’attuazione delle misure necessarie per ridurre o eliminare al minimo tali rischi.”.
Sulla base di tali elementi la Commissione ritiene opportuno ricordare, in via preliminare, come la stessa sia tenuta unicamente a rispondere a “quesiti di ordine generale sull’applicazione della normativa di salute e sicurezza sul lavoro” (in questo, inequivoco, si veda l’articolo 12 del d.lgs. n. 81/2008), non potendo pronunciarsi sulla correttezza delle modalità in base alle quali le singole aziende attuino le disposizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro oggetto, eventualmente, di specifico accertamento in sede ispettiva.
Per tale ragione, non si considerano, in questa sede, le richieste di ANIP volte ad ottenere indicazioni sulla coerenza di determinate soluzioni organizzative alle norme di legge.
Per quanto, invece, attiene agli obblighi generali di cui all’articolo 18, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 81/2008, non vi è dubbio che anche il datore di lavoro che operi presso i luoghi di lavoro di un soggetto committente sia tenuto all’adempimento degli stessi obblighi relativi a rischi specifici della propria attività suscettibili di dare luogo a situazioni di emergenza come – ad esempio – nel caso di utilizzo di sostanze, attrezzature o materiali pericolosi.
D’altra parte, in considerazione di quanto previsto dal successivo art. 26, comma 1, lettera b), del medesimo decreto legislativo, il datore di lavoro committente, in caso di affidamento di lavori ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi all’interno della propria azienda, deve fornire “agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività”.
Inoltre, i datori di lavoro, committenti, appaltatori e subappaltatori, devono cooperare ad attuare le misure di prevenzione e protezione e sono tenuti a coordinare gli interventi, anche informandosi reciprocamente (cfr. art. 26, comma 2, d.lgs. n. 81/2008).
Tanto premesso, la Commissione ritiene che la gestione delle emergenze debba essere intesa come un processo di cui tutti i datori di lavoro, committenti, appaltatori e subappaltatori, sono compartecipi, fermo restando il ruolo di promotore del committente e l’obbligo per l’appaltatore di attenersi alle procedure operative conseguenti alla predetta cooperazione.
Per visionare l’interpello completo: clicca qui


ANNO N. OGGETTO
2018 2 Diffide accertative e procedure da sovrindebitamento

 

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con interpello n. 2 del 16 febbraio 2018, risponde ad un quesito del A.N.I.S.A. Associazione Nazionale delle Imprese di Sorveglianza Antincendio, in merito alla corretta interpretazione dell’articolo 12 del D.Lgs. n. 124/2004 concernente la validazione di diffide accertative per crediti patrimoniali nei casi di accordi di ristrutturazione del debito conseguenti a procedura da sovrindebitamento.
[…] Ne consegue che, quanto al quesito specifico formulato da codesta Associazione, durante il periodo di inesigibilità dei crediti aventi titolo o causa anteriore alla data di pubblicazione del decreto di omologa del piano di ristrutturazione del debito, non potranno essere adottati, da parte dei competenti uffici territoriali dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, provvedimenti di diffida accertativa, ai sensi dell’articolo 12, comma 3, del d.lgs. n. 124/2004 nei confronti del soggetto sottoposto alla procedura di sovrindebitamento. Tale inesigibilità, per espressa previsione normativa, è decorrente dalla pubblicazione stessa del decreto fino alla data indicata nell’accordo omologato.
Tale impedimento non sussiste nelle ipotesi in cui si verifichino le condizioni di cui all’articolo 10, comma 3, ed all’articolo 12, comma 4, della già citata legge n. 3 del 2012, che prevedono il venir meno degli effetti obbligatori del decreto di omologa in esame, rispettivamente in caso di revoca del decreto stesso ed in caso di risoluzione dell’accordo o di mancato pagamento dei crediti impignorabili.
Per visionare l’interpello completo: clicca qui


ANNO N. OGGETTO
2018 1 Lavoro intermittente – attività artigiane

 

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con interpello n. 1 del 30 gennaio 2018, risponde ad un quesito del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro, in merito alla corretta interpretazione della disciplina del lavoro intermittente di cui agli articoli 13 e seguenti del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 e successive modificazioni.
In particolare, l’Ente chiede di conoscere se le attività di ristorazione senza somministrazione non operanti nel settore dei pubblici esercizi, bensì in quello delle imprese alimentari artigiane, quali pizzerie al taglio, rosticcerie, etc., possano rientrare tra le attività indicate al punto n. 5 della tabella allegata al Regio Decreto n. 2657/1923.
In sintesi la risposta del Ministero.
“In particolare, al punto n. 5 vengono individuate le prestazioni svolte da: “camerieri, personale di servizio e di cucina negli alberghi, trattorie, esercizi pubblici in genere, carrozze letto, carrozze ristoranti e piroscafi, a meno che nelle particolarità del caso, a giudizio dell’Ispettorato dell’industria e del lavoro, manchino gli estremi di cui all’art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955”.
Tale terminologia evidenzia che è possibile stipulare un contratto di lavoro intermittente qualora ricorrano le due condizioni indicate al citato punto 5: una di tipo soggettivo e una di tipo oggettivo. In tal senso è necessario che i lavoratori siano impiegati come camerieri o personale di servizio e di cucina e che l’attività sia resa nelle strutture espressamente richiamate.
Con riferimento al quesito posto dall’interpellante, si ritiene che il tenore letterale utilizzato al punto 5 in esame non consente di estendere la nozione di “esercizi pubblici in genere” anche alle imprese artigiane alimentari non operanti nel settore dei pubblici esercizi.
Al riguardo, appare utile ricordare che il settore dei pubblici esercizi, insieme ai settori del turismo e dello spettacolo, gode della specifica deroga al limite delle 400 giornate prevista all’articolo 13, comma 3, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. In proposito, questa Amministrazione nell’interpello n. 26 del 7 novembre 2014 aveva già chiarito che tale deroga è rivolta sia ai datori di lavoro iscritti alla Camera di commercio con il codice attività ATECO 2007 – corrispondente ai citati settori produttivi – sia ai datori di lavoro che, pur non rientrando nel Codice ATECO dei settori in questione, svolgano attività proprie del turismo, pubblici esercizi e spettacolo applicando i relativi contratti collettivi.
Alla luce di quanto sopra riportato, le imprese alimentari artigiane possono stipulare contratti di lavoro intermittente ai sensi del punto 5 della tabella allegata al Regio Decreto n. 2657/1923 solo se operano nel settore dei “pubblici esercizi in genere”, tenuto anche conto dei criteri di individuazione già richiamati nel citato interpello n. 26 del 2014.”
Per visionare l’interpello completo: clicca qui


ANNO N. OGGETTO
2017 2 Necessità che l’informazione sia svolta in forma prioritaria ed esclusiva, dal RSPP

 

La Commissione per gli interpelli in materia di salute e sicurezza del Ministero del Lavoro, con interpello n. 2 del 13 dicembre 2017, ha fornito, all’Unione Generale del Lavoro (UGL), un parere in merito alla corretta interpretazione del “combinato disposto degli artt. 31 e 36” del d.lgs. n. 81/2008 con particolare riferimento alla necessità che l’informazione, in materia di salute e sicurezza sul lavoro, sia impartita in “forma prioritaria ed esclusiva” dal Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP).
In sintesi la risposta del Ministero.
Al riguardo occorre premettere che:
– l’articolo 2, comma 1, lettera bb), del d.lgs. n. 81/2008, definisce l’informazione come il “complesso delle attività dirette a fornire conoscenze utili alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi in ambiente di lavoro”;
– l’articolo 18, comma 1, lettera l), del d.lgs. n. 81/2008, pone a carico del datore di lavoro e del dirigente l’obbligo di “adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento di cui agli articoli 36 e 37”;
– l’articolo 36 del d.lgs. n. 81/2008 precisa i singoli casi in cui sia obbligatorio provvedere ad una “adeguata informazione” e specifica che sia il datore di lavoro a dovervi provvedere – pur se non come obbligo indelegabile, in considerazione di quanto previsto dall’art. 17 del citato decreto legislativo;
– l’articolo 33, comma 1, lettera f), del d.lgs. n. 81/2008, elencando i “compiti” dell’intero Servizio di prevenzione e protezione dai rischi – e non quindi solamente quelli del suo Responsabile – specifica che vi sia anche quello di “fornire ai lavoratori le informazioni di cui all’articolo 36”.
Sulla base di tali elementi la Commissione ritiene che rientra nella scelta del datore di lavoro decidere, caso per caso, a chi affidare l’onere di erogare l’adeguata informazione a ciascuno dei propri lavoratori.
Per visionare l’interpello completo: clicca qui


ANNO N. OGGETTO
2017 1 Quesito all’art. 23 D.Lgs. 81/2008

 

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con interpello n. 1 del 13 dicembre 2017, ha fornito, alla Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, un parere in merito all’ambito di applicazione dell’articolo 23 del d.lgs. n. 81/2008, in particolare chiedendo se “[…] alla luce di una recente sentenza della Cassazione Penale, Sez. 3, 01 ottobre 2013, n. 40590 – Vendita di un macchinario privo delle necessarie condizioni di sicurezza: se è ceduto per essere riparato non c’è violazione […] l’atto di vendita/trasferimento di proprietà ai fini della messa a norma dell’attrezzatura di lavoro, dispositivo di protezione individuale o impianto, non configuri una violazione del precetto normativo di cui sopra limitatamente alle vendite in cui l’acquirente è un rivenditore di tale tipologia di attrezzature di lavoro, dispositivi di protezione individuale o impianti, ovvero un soggetto che si occupa di revisione e messa a norma degli stessi”.
In sintesi la risposta del Ministero.

“Occorre preliminarmente ricordare che l’articolo 23, comma 1, del citato d.lgs. n. 81/2008 stabilisce che “[…] sono vietati la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di attrezzature di lavoro, dispositivi di protezione individuali ed impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro. In caso di locazione finanziaria di beni assoggettati a procedure di attestazione alla conformità, gli stessi debbono essere accompagnati, a cura del concedente, dalla relativa documentazione”.
Coerentemente a tale divieto il successivo articolo 72 del medesimo decreto legislativo stabilisce che “Chiunque venda, noleggi o conceda in uso o locazione finanziaria macchine, apparecchi o utensili costruiti o messi in servizio al di fuori della disciplina di cui all’articolo 70, comma 1, attesta, sotto la propria responsabilità, che le stesse siano conformi, al momento della consegna a chi acquisti, riceva in uso, noleggio o locazione finanziaria, ai requisiti di sicurezza di cui all’allegato V”.
Gli articoli 23 e 72 del d.lgs. n. 81/2008 e successive modificazioni, nel vietare la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di attrezzature di lavoro, dispositivi di protezione individuale o impianti non conformi alla normativa tecnica, intendono perseguire la finalità di anticipare la tutela della salute e dell’integrità fisica dei lavoratori, garantendo l’utilizzo unicamente di quei beni conformi ab origine ovvero di quelli preventivamente adeguati alla normativa.
La giurisprudenza in materia (Cassazione penale, sez. III, n. 40590 del 3 maggio 2013) ha affermato come il divieto posto dall’articolo 23 sopra richiamato possa subire “[…] un qualche temperamento in chiave derogatoria laddove la vendita venga effettuata per un esclusivo fine riparatorio della macchina in vista di una futura utilizzazione, una volta ripristinata e messa a norma.”
In particolare, nella pronuncia innanzi richiamata si afferma che sulla base di “[…] un principio di ragionevolezza, non disgiunto da una regola di ordine economico generale […] fermo restando che è vietato l’impiego di macchinari non a norma con la conseguenza che una vendita di prodotti di tal fatta è, di regola, vietata stante la conseguenzialità e normalità dell’impiego della macchina nel ciclo produttivo, nell’ottica del passaggio del prodotto industriale alla fase economica successiva (utilizzo), laddove quest’ultimo passaggio non vi sia (come nel caso dello stazionamento del macchinario presso una ditta specializzata esclusivamente nella riparazione per la messa a norma con compiti ben specificati che inibiscono una utilizzazione successiva mediata tramite il venditore all’origine), non può ritenersi vietata la vendita di un macchinario in quanto avente uno scopo ben circoscritto, senza alcuna previsione di utilizzazione.”
Sulla base di tali elementi la Commissione ritiene che la circolazione di attrezzature di lavoro, di dispositivi di protezione individuale ovvero di impianti non conformi, senza alcuna previsione di utilizzazione, ma con esclusivo e documentato fine demolitorio ovvero riparatorio per la messa a norma, così come la mera esposizione al pubblico, non ricadono nell’ambito di applicazione delle citate disposizioni normative, in considerazione della relativa ratio legis.”

Per visionare l’interpello completo: clicca qui


ANNO N. OGGETTO
2017 5 Apprendistato professionalizzante senza limiti di età e formazione

 

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con interpello n. 5 del 30 novembre 2017, ha risposto ad un quesito del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro, in merito alla corretta interpretazione dell’articolo 47, comma 4, del d.lgs. n. 81/2015 concernente le ipotesi di assunzione in apprendistato professionalizzante, senza limiti di età, dei lavoratori beneficiari di indennità di mobilità o di un trattamento di disoccupazione ai fini della loro qualificazione o riqualificazione professionale.
In particolare, l’istante chiede se l’obbligo di erogazione della formazione di base e trasversale, sancito dall’articolo 44, comma 3, del decreto legislativo innanzi citato sia ascrivibile al datore di lavoro anche laddove quest’ultimo proceda all’assunzione di soggetti di età maggiore di 29 anni che, a seguito di pregresse esperienze lavorative, abbiano già avuto modo di acquisire la suddetta formazione, ovvero nelle ipotesi di assunzione di lavoratori che abbiano già seguito percorsi formativi nell’ambito di un precedente contratto di apprendistato professionalizzante.
In sintesi la risposta del Ministero.
In via preliminare, va ricordato che l’articolo 44, comma 3, del d.lgs. n. 81/2015 stabilisce, ai fini dell’assolvimento dell’obbligo di formazione, che “La formazione di tipo professionalizzante, svolta sotto la responsabilità del datore di lavoro, è integrata, nei limiti delle risorse annualmente disponibili, dalla offerta formativa pubblica, interna o esterna alla azienda, finalizzata alla acquisizione di competenze di base e trasversali per un monte complessivo non superiore a centoventi ore per la durata del triennio […]”.
In proposito, le Linee Guida per la disciplina del contratto di apprendistato professionalizzante (adottate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano in data 20 febbraio 2014) hanno specificato che la formazione di base e trasversale deve indicativamente avere come oggetto una serie di competenze di carattere “generale” che prescindono dalla specificità delle mansioni svolte. In particolare, le Linee Guida richiamano, indicativamente, nozioni riguardanti l’adozione di comportamenti sicuri, l’organizzazione e la qualità aziendale, la capacità relazionale e comunicazionale, le competenze digitali, sociali e civiche, nonché alcuni elementi di base della professione.
Si può, pertanto, ritenere che tale formazione, proprio in ragione dei suoi contenuti, risulti ultronea per quei soggetti che abbiano già acquisito le citate nozioni di base in ragione di pregresse esperienze lavorative.
Tale soluzione appare coerente con le finalità perseguite dallo stesso comma 3 dell’articolo 44 citato, il quale richiede che la regolamentazione dell’offerta formativa pubblica debba tenere conto del titolo di studio e delle competenze dell’apprendista.
Va, peraltro, considerato che l’articolo 47, comma 4, descrive una fattispecie di apprendistato professionalizzante del tutto peculiare, caratterizzata dalla finalità primaria, tipica delle misure di politica attiva, di assicurare il reinserimento di soggetti momentaneamente estromessi dal mercato del lavoro, a prescindere dalla loro età anagrafica. In considerazione di tale aspetto, questo Ministero, con risposta ad interpello n. 21/2012, ha già avuto modo di evidenziare che la possibilità di assunzione tramite apprendistato dei lavoratori iscritti nelle liste di mobilità (possibilità adesso estesa anche ai beneficiari del trattamento di disoccupazione) costituisca una disciplina speciale.
Analogamente si deve ritenere ultronea l’erogazione di tale formazione nell’ambito di un nuovo contratto di apprendistato professionalizzante, nel caso in cui l’apprendista sia in possesso di attestazione formale dell’acquisizione delle competenze di base e trasversali, in conformità ai contenuti sanciti dalle citate Linee Guida e dalla normativa regionale di riferimento, anche in virtù di un precedente contratto di apprendistato.”

Per visionare l’interpello completo: clicca qui


ANNO N. OGGETTO
2017 4 Disciplina dell’orario di lavoro del personale del settore della sanità privata.

 

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con interpello n. 4 del 28 novembre 2017, ha risposto ad un quesito dell’Associazione religiosa Istituti socio sanitari (ARIS), in merito all’articolo 14 della legge n. 161/2014, recante “Disposizioni in materia di orario di lavoro del personale delle aree dirigenziali e del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale” sia applicabile anche ai lavoratori del settore della sanità privata.
In sintesi la risposta del Ministero.
“[..] In via preliminare, occorre muovere dalla lettura del citato articolo 14 il quale stabilisce, al comma 1, che: “Decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono abrogati il comma 13 dell’articolo 41 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 e il comma 6-bis dell’articolo 17 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66.”.
Lo stesso articolo, al comma 3 stabilisce che: […] Nelle more del rinnovo dei contratti collettivi vigenti, le disposizioni contrattuali in materia di durata settimanale dell’orario di lavoro e di riposo giornaliero, attuative dell’articolo 41, comma 13, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 e dell’articolo 17, comma 6-bis, del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, cessano di avere applicazione a decorrere dalla data di abrogazione di cui al comma 1.”.
Le disposizioni oggetto di abrogazione escludevano dall’applicazione dell’articolo 7 del decreto legislativo n. 66/2003 (recante disposizioni in materia di riposo giornaliero) il personale del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale, per il quale trovavano invece applicazione le disposizioni contrattuali in materia di orario di lavoro, nel rispetto dei principi generali a tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori.
In proposito, va precisato che la disciplina derogatoria di cui all’articolo 41 del decreto-legge n. 112 del 2008 e di cui al comma 6-bis dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 66 del 2003, abrogata per effetto del richiamato articolo 14 della legge n. 161/2014, riguardava esclusivamente i lavoratori appartenenti ai ruoli del Servizio sanitario nazionale, senza riferirsi al personale sanitario delle strutture private, per il quale, pertanto, trova tuttora applicazione la disciplina delle deroghe prevista dall’articolo 17, comma 1, del decreto legislativo n. 66/2003 alla quale si è riferita la contrattazione collettiva di settore.
Alla luce di tale ricostruzione si ritiene che l’abrogazione delle disposizioni innanzi richiamate, disposta dal citato articolo 14 della legge n. 161/2014, non ha prodotto effetti sulla regolamentazione dell’orario di lavoro del personale sanitario occupato presso le strutture private, per il quale continua, dunque, a trovare piena applicazione la disciplina prevista dalla contrattazione collettiva di settore.

Per visionare l’interpello completo: clicca qui


ANNO N. OGGETTO
2017 3 Accesso al fondo di integrazione salariale

 

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con interpello n. 3 del 16 novembre 2017, ha risposto ad un quesito dell’Associazione Nazionale delle Imprese di Sorveglianza Antincendio (ANISA), in merito alla possibilità di consentire, nell’attuale quadro normativo, che in caso di operazioni societarie di affitto di ramo d’azienda, laddove sia fatta richiesta di accesso alle prestazioni erogate dal F.I.S. (Fondo di integrazione salariale) da parte della impresa cessionaria, vi sia il riconoscimento della contribuzione già versata dall’impresa cedente.
Ciò in analogia con quanto avviene con riguardo al requisito dell’anzianità lavorativa, in tutti i casi di trasferimento di ramo d’azienda – cui per costante interpretazione giurisprudenziale è assimilato l’affitto di ramo d’azienda – e accesso agli ammortizzatori sociali da parte dell’azienda cessionaria, nel rispetto del principio generale dettato dall’articolo 2112 c.c. volto a garantire il mantenimento dei diritti dei lavoratori.
In sintesi la risposta del Ministero.
“[..] Il Fondo è rivolto a quei datori di lavoro che occupino più di 5 dipendenti appartenenti a settori, tipologie e classi dimensionali non rientranti nell’ambito di applicazione della CIGS e della CIGO, e che non abbiano costituito fondi di solidarietà bilaterali o fondi di solidarietà alternativi.
L’articolo 1 del decreto legislativo citato, stabilisce in via di principio che, per poter beneficiare dell’integrazione salariale, i lavoratori siano in possesso – alla data di presentazione della domanda di concessione del trattamento di integrazione salariale – di un’anzianità di almeno 90 giorni di effettivo lavoro presso l’unità produttiva per la quale è stata presentata la domanda.
Le modalità operative di funzionamento del Fondo di integrazione salariale sono dettate, in modo specifico, dal decreto interministeriale n. 94343 del 3 febbraio 2016 di adeguamento della disciplina del Fondo di solidarietà residuale alle disposizioni del decreto legislativo n. 148 del 2015, nonché dalla circolare INPS n. 176 del 9 settembre 2016.
In particolare quest’ultima, in ordine ai requisiti che devono possedere i destinatari del Fondo, al punto 3 precisa che: “In caso di trasferimento d’azienda ai sensi dell’articolo 2112 c.c. ai fini della verifica della sussistenza del requisito dell’anzianità di effettivo lavoro dei 90 giorni, si terrà conto anche del periodo trascorso presso l’imprenditore alienante.”
Il Fondo in questione, non dotato di personalità giuridica, costituisce una gestione speciale dell’INPS, è gestito da un apposito Comitato amministratore (di cui all’articolo 36 del più volte citato decreto legislativo n. 148), che ha tra gli altri il potere di deliberare in ordine alla concessione dei trattamenti e degli interventi, ed è altresì soggetto, come tutti i fondi di solidarietà di cui agli articoli 26, 27 e 28, all’obbligo del bilancio in pareggio non potendo erogare prestazioni in carenza di disponibilità, in base a quanto disposto dall’articolo 35, comma 1, del decreto legislativo n. 148 del 2015.
Inoltre l’articolo 29, comma 4, del decreto legislativo citato prevede il cosiddetto tetto aziendale, inteso quale meccanismo secondo cui ciascun datore di lavoro può accedere alla prestazioni in proporzione alla contribuzione dovuta in un determinato arco temporale. Tale articolo stabilisce che “[…] le prestazioni sono determinate in misura non superiore a 4 volte l’ammontare dei contributi ordinari dovuti dal medesimo datore di lavoro, tenuto conto delle prestazioni già deliberate a qualunque titolo in favore dello stesso”.
L’interpretazione più coerente con la logica dell’impianto normativo introdotto dal decreto legislativo n. 148 del 2015 induce a ritenere che le prestazioni già deliberate a qualunque titolo a favore del singolo datore di lavoro e che devono essere scomputate dal c.d. tetto aziendale siano quelle fruite dal medesimo datore di lavoro nel biennio mobile.
In proposito l’INPS, cui è demandata la gestione del Fondo di integrazione salariale, con il messaggio operativo n. 3617 pubblicato in data 20 settembre 2017, volto a chiarire appunto i criteri di determinazione del c.d. tetto aziendale ai fini dell’erogazione del Fondo ha specificato che, in caso di aziende interessate da operazioni societarie, la contribuzione dell’azienda cedente per i lavoratori transitati nell’azienda cessionaria è computata ai fini del tetto aziendale esclusivamente nelle ipotesi di fusioni/incorporazioni totali, ossia nelle ipotesi in cui l’azienda istante abbia acquisito la totalità dei lavoratori dell’azienda cedente.
Qualora invece si tratti di un’operazione societaria nella quale l’azienda di origine resta in essere e trasferisce parte dei suoi dipendenti ad una o più aziende già esistenti o nuove (come, ad esempio, nel caso di scissioni parziali o di cessioni di ramo d’azienda) nel computo del tetto aziendale si tiene conto della sola contribuzione dovuta dall’azienda istante (nonché cessionaria), a nulla rilevando la contribuzione precedentemente dovuta dalle aziende cedenti.
Ciò premesso, quanto al quesito specifico formulato da codesta Associazione e relativo alla possibilità che il Fondo eroghi prestazioni anche in favore dell’azienda cessionaria di lavoratori a seguito di affitto d’azienda, anche sulla base di contributi dovuti da parte dell’azienda cedente, si ritiene che in questo caso nel computo del tetto aziendale si debba tener conto della sola contribuzione dovuta dall’azienda (cessionaria) che richiede la prestazione a carico del F.I.S., a nulla rilevando la contribuzione precedentemente dovuta dall’azienda cedente.”

Per visionare l’interpello completo: clicca qui


ANNO N. OGGETTO
2017 2 Apprendistato e diritto di precedenza di ex TD

 

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con interpello n. 2 del 9 agosto 2017, ha risposto ad un quesito della Confcommercio, in merito alla corretta interpretazione dell’articolo 24, comma 1, del decreto legislativo n. 81/2015, concernente la disciplina del diritto di precedenza dei lavoratori a termine in caso di assunzioni a tempo indeterminato. In particolare, ai sensi della citata disposizione normativa, l’istante chiede se possano o meno costituire violazione del predetto diritto di precedenza di un lavoratore a tempo determinato:
– sia l’ipotesi di prosecuzione del rapporto di lavoro al termine del periodo formativo del contratto di apprendistato stipulato con un lavoratore già in forza presso la stessa azienda;
– sia la nuova assunzione, con contratto di apprendistato, di un altro lavoratore.
In sintesi la risposta del Ministero.
“[..] In definitiva, in linea con le osservazioni innanzi esposte e ferme restando eventuali diverse disposizioni dei contratti collettivi ai sensi del comma 1 del citato articolo 24, si ritiene che non possa integrare la violazione del diritto di precedenza sia la prosecuzione del rapporto di lavoro dell’apprendista al termine del periodo di formazione, non trattandosi di una nuova assunzione, sia la nuova assunzione di un apprendista nella misura in cui il lavoratore a termine risulti già formato per la qualifica finale oggetto del contratto di apprendistato.”

Per visionare l’interpello completo: clicca qui


ANNO N. OGGETTO
2017 1 Contratto intermittente per lavori di manutenzione stradale straordinaria

 

La Commissione per gli interpelli, con interpello n. 1 del 13 luglio 2017, ha risposto ad un quesito da Confartigianato Industria, in merito all’articolo 13 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81 in ordine al contratto di lavoro intermittente.
In particolare, si chiede di specificare se, con riferimento all’ultimo periodo del comma 1 del citato articolo 13, sia possibile da parte di imprese del settore edile l’assunzione con contratto di natura intermittente di figure professionali quali manovali, muratori, asfaltisti, autisti e conducenti di macchine operatrici che svolgono la propria attività con carattere discontinuo nell’ambito di appalti per lavori di manutenzione stradale straordinaria in forza di determinati ordini di servizio impartiti dal committente.
Di seguito la risposta del Ministero.
Nell’ipotesi in esame, pertanto, in assenza di specifiche previsioni contemplate dalla contrattazione collettiva di riferimento, per i lavori di manutenzione stradale straordinaria in relazione alle attività innanzi menzionate, si ritiene possa farsi riferimento alle attività indicate al n. 32 della medesima tabella, che non riporta alcuna distinzione in ordine alle tipologie di manutenzione stradale (ordinaria/straordinaria), a condizione che le relative figure professionali siano effettivamente adibite per lo svolgimento di lavori di manutenzione stradale, siano essi ordinari o straordinari.
Resta ferma, in ogni caso, la legittimità del ricorso al lavoro intermittente in presenza dei requisiti soggettivi, atteso che l’articolo 13, comma 2, del d.lgs. n. 81/2015 prevede che il contratto di lavoro intermittente possa in ogni caso essere concluso con soggetti “con meno di 24 anni di età, purché le prestazioni lavorative siano svolte entro il venticinquesimo anno, e con più di 55 anni.”

Per visionare l’interpello completo: clicca qui


ANNO N. OGGETTO
2016 24 Procedura di presentazione telematica delle dimissioni – soggetti abilitati

 

La Commissione per gli interpelli, con interpello n. 24 del 30 dicembre 2016, ha risposto ad un quesito di Confimi Industria, in merito la corretta interpretazione del disposto di cui all’art. 26, comma 4, D.Lgs. n. 151/2015 così come modificato dall’art. 5, comma 3 lett. b), D.Lgs. n. 185/2016, con riferimento alla disciplina delle dimissioni volontarie e delle risoluzioni consensuali dei rapporti di lavoro subordinato da effettuarsi con modalità telematica ai sensi del comma 1 del medesimo art. 26.
In particolare, l’istante chiede se nell’ambito della locuzione consulenti del lavoro contemplata dal comma 4 dell’art. 26 sopra citato possano ricomprendersi gli altri professionisti di cui all’art. 1, comma 1, della L. n. 12/1979 (avvocati, dottori commercialisti, ragionieri ecc.) nonché i soggetti di cui al successivo comma 4, ossia “le imprese considerate artigiane ai sensi della legge 25 luglio 1956, n. 860, nonché le altre piccole imprese, anche in forma cooperativa” le quali “possono affidare l’esecuzione degli adempimenti” in materia di lavoro “a servizi o a centri di assistenza fiscale istituiti dalle rispettive associazioni di categoria (…)”.

Le indicazione fornite dalla Commissione sono le seguenti:

“….in via preliminare, occorre muovere dalla lettura dell’art. 26, comma 4, il quale stabilisce che “la trasmissione dei moduli di cui al comma 1” – relativi alle dimissioni e alla risoluzione del contratto di lavoro – “può avvenire anche per il tramite dei patronati, delle organizzazioni sindacali, dei consulenti del lavoro, delle sedi territoriali dell’Ispettorato nazionale del lavoro, nonché degli enti bilaterali e delle commissioni di certificazione di cui agli articoli 2, comma 1, lettera h), e articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276”.
Il suddetto dettato normativo ha dunque previsto un ampliamento della platea dei soggetti abilitati alla trasmissione dei moduli telematici rispetto alla precedente formulazione della norma, nel cui  contesto tuttavia il riferimento testuale ai “consulenti del lavoro” non sembra consentire una interpretazione estensiva, tale da ricomprendere tutti i professionisti e le associazioni abilitati ad effettuare gli adempimenti di cui all’art. 1 della L. n. 12/1979.
Ciò in quanto gli obblighi sanciti dall’art. 26 del D.Lgs. n. 151/2015 gravano principalmente sul lavoratore e non possono pertanto essere ricompresi nell’ambito degli adempimenti connessi alla gestione del rapporto di lavoro di esclusiva pertinenza del datore di lavoro, che possono essere pertanto assolti anche dagli altri soggetti di cui alla L. n. 12/1979.
In definitiva, in considerazione del riferimento testuale dell’art. 26, comma 4, ai “consulenti del lavoro”, non si ritiene di potere estendere, in via di interpretazione, ad altri professionisti o ad altri soggetti indicati dall’art. 1 della L. n. 12/1979 la competenza a trasmettere telematicamente i moduli relativi alle dimissioni del lavoratore o alla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro.”

Per visionare l’interpello completo: clicca qui


ANNO N. OGGETTO
2016 23 Somministrazione di lavoro e assunzione disabili – incremento occupazionale netto

 

La Commissione per gli interpelli, con interpello n. 23 del 30 dicembre 2016, ha risposto ad un quesito di Assolavoro, in merito alla corretta interpretazione dell’art. 13, L. n. 68/1999, come modificato dall’art. 10, D.Lgs. n. 151/2015, recante la disciplina degli incentivi economici per l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità.

In particolare l’istante chiede se, in caso di assunzione di un lavoratore disabile in somministrazione, ferma restando la presenza dei requisiti previsti dalla disposizione citata per la fruibilità degli incentivi, la condizione dell’incremento occupazionale netto sulla media dei lavoratori occupati nei dodici mesi precedenti vada riferita all’Agenzia del lavoro ovvero al all’impresa utilizzatrice.

Vengono richiesti, altresì, chiarimenti sul disposto di cui all’art. 34, comma 3, secondo periodo, D.Lgs. n. 81/2015, in ordine al requisito della riduzione della capacità lavorativa del soggetto disabile ai fini della computabilità nella quota di riserva di cui all’art. 3, L. n. 68/1999.

Le indicazione fornite dalla Commissione sono le seguenti:

“…In via preliminare, occorre sottolineare come la nuova formulazione dell’art. 13 della L. n. 68/1999, per promuovere il concreto inserimento delle persone con disabilità nel mondo del lavoro, prevede la concessione di un incentivo di natura economica rapportato alla retribuzione lorda imponibile ai fini previdenziali, nonché al grado e alla tipologia di riduzione della capacità lavorativa del soggetto assunto.
L’incentivo in argomento è fruibile per un periodo massimo di 36 mesi per le assunzioni di lavoratori disabili a tempo indeterminato e per le trasformazioni a tempo indeterminato di un rapporto a termine, anche part time, laddove siano effettuate da datori di lavoro privati ai fini dell’assolvimento degli obblighi di cui alla L. n. 68/1999, ovvero nel caso in cui gli stessi, pur non risultando soggetti ai suddetti obblighi, procedano all’assunzione in presenza dei requisiti di cui all’art. 13. Peraltro, per i lavoratori con disabilità intellettiva e psichica che comporti una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%, è previsto un trattamento di maggior favore (art. 13,
comma 1 bis, L. n. 68/1999).
Ai fini della soluzione del primo quesito, va considerato quanto previsto in materia di principi generali per la fruizione degli incentivi dall’art. 31, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015 [leggasi D.Lgs. n. 150/2015]. In particolare la lettera e) espressamente prevede che “con riferimento al contratto di somministrazione i benefici economici legati all’assunzione o alla trasformazione di un contratto di lavoro sono trasferiti in capo all’utilizzatore e, in caso di incentivo soggetto al regime de minimis, il beneficio viene computato in capo all’utilizzatore”.
Sempre al fine di garantire una uniforme applicazione degli incentivi, la disposizione da ultimo menzionata, alla lett. f), stabilisce altresì quali siano le modalità di calcolo per la determinazione dell’incremento occupazionale netto della forza lavoro mediamente occupata nei dodici mesi precedenti, che con riferimento alla somministrazione deve essere effettuato rispetto ai lavoratori  occupati dall’impresa utilizzatrice secondo il criterio convenzionale di derivazione comunitaria  dell’Unità di Lavoro Annuo – U.L.A. (cfr. INPS circ. n. 99/2016 p. 5.3.).
In ordine alla seconda problematica sollevata, relativa al requisito della riduzione della capacità lavorativa, occorre richiamare invece l’art. 34, comma 3, D.Lgs. n. 81/2015, in virtù del quale il lavoratore somministrato disabile va computato nell’organico dell’utilizzatore ai fini della copertura della quota d’obbligo di cui all’articolo 3, L. n. 68/1999, nella misura in cui l’impiego nella  medesima azienda utilizzatrice non risulti inferiore a dodici mesi.
In altri termini, laddove l’Agenzia del lavoro invii in missione (somministrazione) per almeno 12 mesi un dipendente che presenti condizioni di disabilità ai sensi dell’art. 1, comma 1, della L. n. 68/1999, lo stesso viene computato, per il periodo di durata della missione, ai fini dell’adempimento dell’obbligo di cui al citato art. 3 da parte dell’utilizzatore.”

Per visionare l’interpello completo: clicca qui


ANNO N. OGGETTO
2016 19 Obbligo di designazione e relativa informazione e formazione degli addetti al primo soccorso

 

La Commissione per gli interpelli, con interpello n. 19 del 25 ottobre 2016, ha espresso un parere a ENEA in merito all’obbligatorietà o meno in una Unità Produttiva, classificata nel gruppo A, della designazione e relativa informazione e formazione degli addetti al primo soccorso per il datore di lavoro “che abbia mantenuto la Camera di Medicazione ai sensi dell’articolo 30 del DPR 303/56 composta da un Medico Competente e da Infermieri Professionali, questi ultimi in turno durante tutto l’orario di servizio”.

Le indicazione fornite dalla Commissione sono le seguenti:

Il datore di lavoro deve assicurare un primo soccorso interno e garantire “il raccordo tra il sistema di pronto soccorso interno ed il sistema di emergenza sanitaria di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 27 marzo 1992 e successive modifiche” (art. 2, comma 4, DM 388/2003). Qualora il datore di lavoro decida di avvalersi di personale infermieristico, in numero sufficiente ed adeguato e per tutta la durata dell’orario di servizio, non è obbligato alla designazione degli addetti al primo soccorso, prevista dall’art. 18, comma 1, lettera b), del D.Lgs. n. 81/2008, in quanto i requisiti formativi e professionali del suddetto personale sono superiori a quelli minimi previsti dal DM 388/2003. Inoltre il datore di lavoro non è tenuto all’aggiornamento del personale infermieristico, come previsto dall’art. 37, comma 9, del D.Lgs. n. 81/2008, considerato l’obbligo di aggiornamento professionale ECM previsto per il personale sanitario, il quale è eccedente gli obiettivi didattici e i contenuti minimi della formazione individuati nell’allegato 3 dello stesso DM 388/2003.

Per visionare l’interpello completo: clicca qui


ANNO N. OGGETTO
2016 18 Svolgimento dei corsi RSPP e ASPP in modalità di formazione a distanza

 

La Commissione per gli interpelli, con interpello n. 18 del 25 ottobre 2016, ha fornito, al Consiglio Nazionale degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori (CNAPPC), un parere in merito se “sia possibile lo svolgimento dei corsi base (modulo A, B e C) per le figure professionali di RSPP e ASPP anche con modalità di formazione a distanza, anche coerentemente alle modifiche recentemente apportate all’art. 98, comma 3, del D.Lgs 81/2008 che ha introdotto la possibilità di svolgere in modalità di formazione a distanza i corsi di aggiornamento dei coordinatori per la sicurezza”.

Le indicazione fornite dalla Commissione sono le seguenti:

L’Accordo sancito il 26 gennaio 2006 in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 37 del 14 febbraio 2006 è stato abrogato dall’Accordo Stato-Regioni del 7 luglio 2016, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 193 del 19 agosto 2016 entrato in vigore il 3 settembre 2016.
Nel suddetto accordo viene consentito l’utilizzo della modalità e-learning solo per il Modulo A (punto 6.1) secondo i criteri previsti nell’Allegato II.

Per visionare l’interpello completo: clicca qui


ANNO N. OGGETTO
2016 17 Applicazione del Decreto interministeriale 4 marzo 2013 anche per il personale addetto all’attività di soccorso stradale con carri attrezzi

 

La Commissione per gli interpelli, con interpello n. 17 del 25 ottobre 2016, ha fornito, alla CNA, un parere in merito alla possibilità di “fondatamente ritenere che il personale addetto alla gestione e alla conduzione dei carri attrezzi, in attività di soccorso stradale, non rientri nel campo di applicazione del Decreto Interministeriale 4 marzo 2013 e quindi non sia obbligato a frequentare il corso di formazione professionale, così come previsto dallo stesso Decreto”.

Le indicazione fornite dalla Commissione sono le seguenti:

L’attività di soccorso stradale rientra a pieno titolo tra le attività lavorative che si svolgono in presenza di traffico veicolare di cui al Decreto interministeriale 4 marzo 2013, anche alla luce dell’esplicito richiamo alle situazioni incidentali all’interno del campo di applicazione del Decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 10 luglio 2002.
Pertanto, a giudizio della Commissione, i lavoratori che svolgono attività di soccorso stradale con apposizione di segnaletica temporanea nei casi previsti dal Decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 10 luglio 2002 rientrano nel campo di applicazione del Decreto Interministeriale 4 marzo 2013.

Per visionare l’interpello completo: clicca qui


ANNO N. OGGETTO
2016 16 Presenza del RLS nelle società ove operano esclusivamente soci lavoratori

 

La Commissione per gli interpelli, con interpello n. 16 del 25 ottobre 2016, ha fornito, alla Regione Marche, un parere in merito alla corretta interpretazione dell’articolo 47, comma 2 del D.Lgs. n. 81/2008 che espressamente sancisce che in tutte le aziende, o unità produttive, sia “eletto o designato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza”.

Le indicazione fornite dalla Commissione sono riportate di seguito.

La Commissione, visti:
a) l’articolo 2, comma 1, lettera a), del D.Lgs. n. 81/2008, che equipara al “lavoratore” il socio lavoratore di cooperative o di società, anche di fatto, che presta la sua attività per conto delle società e dell’ente stesso;
b) l’articolo 47, comma 2 del D.Lgs. n. 81/2008, che prevede che in “tutte le aziende, o unità produttive” sia eletto o designato il “rappresentante dei lavoratori per la sicurezza”;

ritiene che in tutte le aziende, o unità produttive, comprese quelle all’interno delle quali operino esclusivamente soci lavoratori, qualora “non si proceda alle elezioni previste dai commi 3 e 4” del medesimo articolo 47 del D.Lgs. n. 81/2008 anche in virtù della contrattazione collettiva, le funzioni di Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza debbano essere esercitate dal Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale o dal Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo.

Per visionare l’interpello completo: clicca qui


ANNO N. OGGETTO
2016 15 Applicabilità della sorveglianza sanitaria ai medici di continuità assistenziale

 

La Commissione per gli interpelli, con interpello n. 15 del 25 ottobre 2016, ha fornito alla Regione Lazio, un parere in merito agli obblighi relativi alle visite mediche di sorveglianza sanitaria nei confronti dei medici di continuità assistenziale.

In particolare l’istante chiede di sapere “se sussista o meno l’obbligo per gli stessi di sottoporsi alla visita medica di sorveglianza sanitaria”.
Nella richiesta formulata dalla Regione Lazio si afferma che “… Alcuni medici non hanno raccolto l’invito a recarsi a visita sostenendo che la predetta norma non sia applicabile alla fattispecie contrattuale ad essi inerente, asserendo la sola facoltà (e non l’obbligo) da parte degli stessi di beneficiare della sorveglianza sanitaria”.

Ecco di seguito le informazioni fornite dalla Commissione.

Come già indicato nell’interpello n. 5/2016, per i medici di continuità assistenziale sussiste l’obbligo di sottoporsi a sorveglianza sanitaria qualora svolgano la propria attività lavorativa “nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro” rientrando, in tal caso, a pieno titolo nella definizione di lavoratore di cui all’art. 2, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 81/2008.

Per visionare l’interpello completo, clicca qui.


ANNO N. OGGETTO
2016 14 Oneri delle visite mediche ex art. 41 del DLvo n. 81/2008

 

La Commissione per gli interpelli, con interpello n. 14 del 25 ottobre 2016, ha fornito, all’Unione Sindacale di Base (USB), un parere in merito ai seguenti quesiti:
1. “su quale soggetto devono ricadere gli oneri economici inerenti il trasporto dei lavoratori, con mezzo privato o pubblico, nel percorso, quando non può essere coperto a piedi, dalla casa di cura indicata dal Medico Competente per espletare gli esami clinici e biologici e le indagini diagnostiche previste dall’art. 41, comma 4, primo periodo, complementari alle visite mediche periodiche previste dalla normativa in oggetto, al luogo ove abitualmente svolgono la proprio attività lavorativa”;
2. “se il tempo impiegato dal lavoratore per spostarsi dalla casa di cura indicata dal medico competente … al luogo nel quale lo stesso lavoratore esplica abitualmente l’attività lavorativa deve essere considerato orario di lavoro”.

Ecco la risposta della Commissione:

I costi relativi agli accertamenti sanitari non possono comportare oneri economici per il lavoratore (compresi i costi connessi con eventuali spostamenti che siano necessari) ed il tempo impiegato per sottoporsi alla sorveglianza sanitaria, compreso lo spostamento, deve essere considerato orario di lavoro (vedi al riguardo anche interpello sicurezza n. 18/2014).

Per visionare l’interpello completo, clicca qui.


ANNO N. OGGETTO
2016 13 Possibilità di considerare come costo per la sicurezza l’utilizzo di una piattaforma elevabile mobile in sostituzione di un ponteggio fisso

 

La Commissione per gli interpelli, con interpello n. 13 del 25 ottobre 2016, ha fornito, alla Regione Toscana, un parere in merito alla possibilità di considerare fra i costi per la sicurezza una piattaforma aerea su carro impiegata al posto di un ponteggio metallico fisso perché tale soluzione nel caso specifico appare migliorativa delle condizioni di sicurezza per la esecuzione dei lavori previsti.

La Commissione ha così risposto.

L’allegato XV punto 4.1 lett. b), prevede che la stima dei costi contenga anche le misure preventive e protettive previste nel PSC per lavori interferenti. Tali misure comprendono, tra l’altro, le attrezzature di lavoro, definite al punto 1.1.1 lett. d) come qualsiasi macchina, apparecchio, utensile o impianto destinato ad essere usato durante il lavoro ed elencate in modo non esaustivo nell’allegato XV.1 e comprendenti: le gru, autogrù, argani, elevatori ecc.
Si ritiene pertanto che la PLE sia da inserire nella stima dei costi per la sicurezza nel caso in cui il coordinatore la ritenga misura preventiva e protettiva per lavori interferenti.

Per visionare l’interpello completo, clicca qui.


ANNO N. OGGETTO
2016 12 Applicazione dell’art. 109 (recinzione di cantiere) del D.Lgs 81/08 nel caso di cantieri stradali

 

La Commissione per gli interpelli, con interpello n. 12 del 25 ottobre 2016, ha fornito, alla Regione Toscana, un parere in merito all’applicazione dell’art. 109 del D.Lgs. n. 81/2008 ed in particolare “se la segnaletica e delimitazione di cantiere prevista dal Codice della Strada e definita dal Decreto ministeriale 10 luglio 2002 possa essere intesa anche come recinzione di cantiere ai sensi dell’art. 109 del D.Lgs. n. 81/2008”.

La Commissione ha fornito le seguenti indicazioni.

La segnaletica e delimitazione di cantiere previste dal Codice della Strada hanno le funzioni espressamente ivi previste e sono cosa diversa dalla recinzione di cui all’art. 109 del D.Lgs. n. 81/2008. Tuttavia, ove la delimitazione di cui sopra abbia le caratteristiche di “impedire l’accesso agli estranei alle lavorazioni”, la stessa deve considerarsi idonea anche ai fini del sopracitato art. 109 del D.Lgs. n. 81/2008.

Per visionare l’interpello completo, clicca qui.


ANNO N. OGGETTO
2016 11 Valutazione dei rischi ambientali e sicurezza del posto di lavoro del personale navigante delle compagnie aeree

 

La Commissione per gli interpelli, con interpello n. 11 del 25 ottobre 2016, ha fornito, a UILTRASPORTI, un parere in merito alla sussistenza dell’obbligo, in capo al datore di lavoro, di considerare, nell’ambito della valutazione dei rischi, anche i rischi legati alla situazione ambientale (soprattutto nei paesi esteri) per il personale navigante delle compagnie aeree.

Le indicazione fornite dalla Commissione sono riportate di seguito.

Sulla base di quanto espresso in premessa, la Commissione ritiene che il datore di lavoro debba valutare tutti i rischi compresi i potenziali e peculiari rischi ambientali legati alle caratteristiche del Paese in cui la prestazione lavorativa dovrà essere svolta, quali a titolo esemplificativo, i cosiddetti «rischi generici aggravati», legati alla situazione geopolitica del Paese (es. guerre civili, attentati, ecc.) e alle condizioni sanitarie del contesto geografico di riferimento non considerati astrattamente, ma che abbiano la ragionevole e concreta possibilità di manifestarsi in correlazione all’attività lavorativa svolta.

Per visionare l’interpello completo, clicca qui.


ANNO N. OGGETTO
2016 10 Gestione dell’amianto negli edifici con riferimento alla legge n. 257/1992 e al DM 06/09/1994

 

La Commissione per gli interpelli, con interpello n. 10 del 12 maggio 2016, ha fornito, a Confindustria, un parere in merito al fatto se gli impianti tecnici produttivi, strettamente correlati all’attività imprenditoriale e funzionali al ciclo di produzione delle attività ivi esercite, rientrino nella definizione di “impianti tecnici in opera all’interno ed all’esterno degli edifici” di cui al DM 6 settembre 1994.

In particolare l’istante evidenzia che la circolare ministeriale n. 7 del 12 aprile 1995, emanata in risposta a dei quesiti pervenuti al Ministero della salute, precisa che “la normativa contenuta nel decreto ministeriale 6 settembre 1994, oltre che alle strutture edilizie con tipologia definita nella premessa del decreto medesimo, si applica anche agli impianti tecnici sia in opera all’interno di edifici che all’esterno, nei quali l’amianto utilizzato per la coibentazione di componenti dell’impianto stesso o nei quali comunque sono presenti componenti contenenti amianto”.

La Commissione ha fornito le seguenti indicazioni.

La legge n. 257/1992 e le relative precisazioni amministrative, ivi compreso il riferimento agli “impianti tecnici in opera all’interno che all’esterno” è diretta ai soli edifici, ed è da intendersi riservata ai soli impianti posti a servizio dell’edificio (ad es. impianti termici, idrici, elettrici).
Pertanto, atteso che in ogni caso si vuole garantire la salubrità dell’ambiente e la salute dei lavoratori, la Commissione ritiene che eventuali materiali contenenti amianto debbano essere gestiti:

  • mediante l’applicazione delle disposizioni del DM 6 settembre 1994 da parte del proprietario/conduttore e del d.lgs. n. 81/2008 da parte del datore di lavoro che opera nell’immobile, nel caso di materiali contenenti amianto presenti in impianti funzionali all’immobile;
  • attraverso le previsioni normative del d.lgs. n. 81/2008 a cura del Datore di Lavoro, nel caso di materiali contenenti amianto presenti in impianti produttivi strettamente correlati all’attività imprenditoriale e per questo non funzionali all’esercizio dell’immobile.

Per visionare l’interpello completo, clicca qui.


ANNO N. OGGETTO
2016 9 Valutazione dei rischi da agenti chimici presenti sul luogo di lavoro ubicati all’interno di siti contaminati

 

La Commissione per gli interpelli, con interpello n. 9 del 12 maggio 2016, ha fornito, a Utilitalia, un parere in merito alla “valutazione dei rischi da agenti chimici presenti sul luogo di lavoro”.
In particolare l’istante chiede di sapere se, premesso che nei “luoghi di lavoro ubicati all’interno di siti contaminati, il datore di lavoro deve individuare tutti i pericoli e valutare tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti a qualsiasi titolo nel sito contaminato e non impiegati nelle attività dirette di bonifica, includendo anche pericoli e rischi derivanti dalla contaminazione stessa del sito, il datore di lavoro possa utilizzare il metodo indicato nel Manuale operativo pubblicato dall’Inail “Il rischio chimico per i lavoratori nei siti contaminati” ai fini della valutazione e della gestione dei rischi da agenti chimici pericolosi presenti a qualsiasi titolo nei siti contaminati e non impiegati in dirette attività di bonifica”.

La Commissione ha così risposto.

Il manuale operativo “il rischio chimico per i lavoratori nei siti contaminati” redatto dall’Inail nel 2014 propone una procedura utile per la valutazione e gestione del rischio chimico ponendo essenzialmente l’attenzione sugli aspetti legati alla salute, fermo restando l’obbligo di valutazione del rischio per la sicurezza. Atteso che la scelta dei criteri di redazione del documento è rimessa al datore di lavoro, la Commissione ritiene che l’utilizzo del manuale sopra indicato possa costituire un valido riferimento per la relativa valutazione dei rischi in tale tipologia di siti e soddisfi la previsione normativa.

Per visionare l’interpello completo, clicca qui.


ANNO N. OGGETTO
2016 8 Obbligo della sorveglianza sanitaria nell’ipotesi di distacco del lavoratore

 

La Commissione per gli interpelli, con interpello n. 8 del 12 maggio 2016, ha fornito, a Utilitalia, un parere in merito alla “corretta interpretazione all’obbligo della sorveglianza sanitaria di cui all’art. 41 del D.Lgs. n. 81/2008”.
In particolare l’istante chiede di sapere “nei casi di distacco del personale dalla società capogruppo a società controllate, o viceversa, su quale delle due società, distaccante ovvero distaccataria, sorge l’obbligo della sorveglianza sanitaria di cui all’art. 41 D.Lgs. 81/2008 e di tutti i procedimenti ad essa connessi e/o collegati”.

Le indicazione fornite dalla Commissione sono riportate di seguito.

In caso di distacco dei lavoratori gli obblighi in materia di salute e di sicurezza sul lavoro incombono, in modo differenziato, sia sul datore di lavoro che ha disposto il distacco che sul beneficiario della prestazione (distaccatario).
Sulla base della normativa indicata in premessa, sul primo grava l’obbligo di “informare e formare il lavoratore sui rischi tipici generalmente connessi allo svolgimento delle mansioni per le quali egli viene distaccato”.
Al secondo (distaccatario) spetta invece l’onere, a norma del medesimo articolo, di ottemperare a tutti gli altri obblighi in materia di salute e sicurezza sul lavoro inclusa, quindi, la sorveglianza sanitaria.

Per visionare l’interpello completo, clicca qui.


ANNO N. OGGETTO
2016 7 Attuazione degli obblighi previsti dall’art. 100 6-bis, del D.Lgs. n. 81/2008

 

La Commissione per gli interpelli, con interpello n. 7 del 12 maggio 2016, ha fornito, alla Federazione Sindacale Italiana dei Tecnici e Coordinatori della Sicurezza (Federcoordinatori), un parere in merito alle “modalità con le quali assicurare l’attuazione degli obblighi in capo al datore di lavoro ai sensi dell’art. 100, co 6-bis, del D.Lgs. n. 81/2008”. In particolare l’istante chiede di sapere in che modo il committente ovvero il responsabile dei lavori “possono assicurare che il datore di lavoro dell’impresa affidataria abbia provveduto a formare adeguatamente: il datore di lavoro, i dirigenti e i preposti per lo svolgimento delle attività di cui all’art. 97 del D.Lgs. n. 81/2008″.

La Commissione ha fornito le seguenti indicazioni.

In relazione alla verifica dell’obbligo di cui all’art. 97, co 3-ter, del decreto in parola, occorre evidenziare che il legislatore non ha stabilito il livello di formazione minima degli addetti all’attuazione del citato art. 97.
Pertanto si ritiene che il committente o il responsabile dei lavori, acquisendo attraverso la verifica dell’idoneità tecnico professionale delle imprese (allegato XVII D.Lgs. n. 81/2008) “il nominativo del soggetto o i nominativi dei soggetti della propria impresa, con le specifiche mansioni, incaricati per l’assolvimento dei compiti di cui all’articolo 97”, dovrà verificarne l’avvenuta specifica formazione con le modalità che riterrà più opportune, anche attraverso la richiesta di eventuali attestati di formazione o mediante autocertificazione del datore di lavoro dell’impresa affidataria.

Per visionare l’interpello completo, clicca qui.


ANNO N. OGGETTO
2016 6 Riposo giornaliero minimo da garantire al personale mobile e relativa valutazione dei rischi

 

La Commissione per gli interpelli, con interpello n. 6 del 12 maggio 2016, ha fornito, all’Organizzazione Sindacati Autonomi e di base (OR.S.A.), un parere in merito ai seguenti quesiti:

  1. può il datore di lavoro, in deroga alle disposizioni del D.Lgs. n. 66/2003, predisporre servizi per il personale mobile (personale che svolge attività connesse con la sicurezza) che comprendano due distinte prestazioni lavorative intervallate con RFR (riposo fuori residenza) senza la garanzia delle 11 ore di riposo giornaliero minimo previsto a partire dall’inizio della prestazione e con una quantità di lavoro superiore alle 13 ore in un arco temporale di 24 ore?
  2. può altresì predisporre i servizi in parola senza una specifica valutazione del rischio?

Le indicazione fornite dalla Commissione sono di seguito riportate.

Preliminarmente si fa presente che la Commissione si esprime su quesiti di ordine generale sull’applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro e pertanto non ritiene di potersi esprimere in merito a questioni riguardanti l’interpello di cui all’art. 9 del D.Lgs. n. 124/2004.
In riferimento al secondo quesito, premesso che la Commissione non può esprimersi in quanto lo stesso non è di carattere generale poiché correlato ad una specifica situazione organizzativa, ritiene tuttavia opportuno confermare il principio generale per il quale la valutazione dei rischi non può non tener conto degli aspetti connessi all’organizzazione del lavoro.

Per visionare l’interpello completo, clicca qui.


ANNO N. OGGETTO
2016 5 Applicazione del D.Lgs n. 81/2008 agli studi associati degli infermieri

 

La Commissione per gli interpelli, con interpello n. 5 del 12 maggio 2016, ha fornito, alla Federazione Nazionale dei Collegi degli Infermieri Professionali, Assistenti Sanitari e Vigilatrici d’Infanzia (IP.AS.VI.), un parere in merito all’applicabilità del D.Lgs. n. 81/2008 agli studi professionali infermieristici, in particolare chiedendo “se:
1. gli infermieri associati rientrano nella definizione di “lavoratore”;
2. gli studi professionali a cui gli infermieri sono associati sono considerati “datori di lavoro”;
3. agli infermieri è applicabile l’art. 21 del decreto in parola;
4. gli infermieri che prestano la loro attività in strutture esterne (RSA e case di cura) e queste strutture esterne sono datori di lavoro rientrano nel campo di applicazione dell’art. 26;
5. se tale articolo 26 è fuori causa quando è diretto il rapporto fra lo studio associato e il cliente”.

La Commissione ha così risposto.

Gli infermieri associati devono essere considerati “lavoratori”, come definiti all’art. 2, co 1 lett. a) del decreto in parola, qualora svolgano la propria attività professionale “nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato”, oppure prestino la propria attività per conto di una società, un’associazione o un ente in qualità di soci lavoratori fermo restando il rispetto della normativa giuslavoristica. Al contrario, gli infermieri associati dovranno essere considerati assoggettati alla disciplina dettata dall’articolo 21 del D.Lgs. n. 81/2008, qualora gli stessi prestino la propria attività in autonomia e “senza vincolo di subordinazione” nei confronti del committente o dell’associazione.

Per visionare l’interpello completo, clicca qui.


ANNO N. OGGETTO
2016 4 Formazione specifica dei lavoratori

 

La Commissione per gli interpelli, con interpello n. 4 del 21 marzo 2016, ha fornito, alla Assobiomedica, un parere in merito alla formazione specifica dei lavoratori. In particolare l’istante chiede di sapere se sia possibile per le aziende “erogare ai lavoratori la formazione specifica in modalità e-learning o comunque tramite strumenti tecnologici che consentano l’interazione – seppure a distanza – tra docenti e discenti”.

Le indicazioni sono state le seguenti.

L’articolo 37, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2008, prevede che “il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare riferimento ai […] rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda”.

L’Accordo Stato-Regioni del 21/12/2011, citato in premessa, stabilisce chiaramente al punto 3 che “sulla base dei criteri e delle condizioni di cui all’Allegato 1 l’utilizzo delle modalità di apprendimento e-learning è consentito per la formazione generale per i lavoratori; […]”. Pertanto la formazione specifica dei lavoratori non può essere erogata in modalità e-learning salvo nel caso di “progetti formativi sperimentali, eventualmente individuati da Regioni e Province autonome nei loro atti di recepimento del presente accordo, che prevedano l’utilizzo delle modalità di apprendimento e-learning anche per la formazione specifica dei lavoratori e dei preposti”.

Per visionare l’interpello completo, clicca qui.


ANNO N. OGGETTO
2016 3 Applicazione dell’art. 28, comma 3-bis, del D.Lgs. n. 81/2008 ai POS

 

La Commissione per gli interpelli, con interpello n. 3 del 21 marzo 2016, ha fornito, alla Federazione Sindacale Italiana dei Tecnici e Coordinatori della Sicurezza (Federcoordinatori), un parere in merito alle “modalità con cui deve essere redatto il Piano Operativo di Sicurezza per imprese di nuova costituzione, alla luce di quanto previsto dall’art. 28, comma 3-bis, del D.Lgs. n. 81/2008 che prevede che per tali imprese il datore di lavoro è tenuto ad effettuare immediatamente la valutazione dei rischi elaborando il relativo documento entro 90 giorni dalla data di inizio della propria attività.”
In particolare, l’istante chiede di sapere se “il principio enunciato dal sopracitato articolo 28, comma 3-bis, circa la possibilità di postecipare la redazione DVR, sia applicabile anche al POS”.

La Commissione fornisce le seguenti indicazioni.

Il principio enunciato dall’art. 28, comma 3-bis, del D.Lgs. n. 81/2008, circa la possibilità di redigere il DVR entro 90 giorni dall’inizio della nuova attività, non è applicabile al POS sia perchè non espressamente previsto dalla legge, sia perché la sua mancata redazione, prima dell’inizio dei lavori, impedirebbe al coordinatore per l’esecuzione di verificare “l’idoneità del piano operativo di sicurezza, da considerare come piano complementare di dettaglio del piano di sicurezza e coordinamento di cui all’articolo 100, assicurandone la coerenza con quest’ultimo” (art. 92, co. 1, lett. b), D.Lgs. n. 81/2008, obbligo sanzionato penalmente.

E’ opportuno evidenziare che, in caso di costituzione di nuova impresa, l’art. 28, comma 3-bis, del D.Lgs. n. 81/2008, anche se consente l’elaborazione del DVR entro 90 giorni dall’inizio della nuova attività, obbliga il datore di lavoro ad effettuare immediatamente la valutazione dei rischi e a dare “immediata evidenza, attraverso idonea documentazione, dell’adempimento degli obblighi di cui al co. 2, lett. b), c), d), e), e f) e al comma 3 e immediata comunicazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza“.

Per visionare l’interpello completo, clicca qui.


ANNO N. OGGETTO
2016 2 Pronto soccorso in ambito ferroviario

 

La Commissione per gli interpelli, con interpello n. 2 del 21 marzo 2016, ha fornito, alla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, un parere in merito al decreto ministeriale 24 gennaio 2011, n. 19 “Regolamento sulle modalità di applicazione in ambito ferroviario, del decreto 15 luglio 2003, n. 388, ai sensi dell’articolo 45, comma 3, del D.Lgs. n. 81/2008“.

In particolare, il quesito è il seguente: “l’obbligo di portare il soccorso qualificato nel più breve tempo possibile va inteso considerando come non in discussione il modello organizzativo scelto dall’azienda (es. agente unico) o può invece rimettere in discussione le scelte aziendali di organizzazione del lavoro se le stesse determinano, o possono comunque determinare, tempi di intervento molto più lunghi e certamente suoperiori a quelli previsti dal comunicato n. 87 della Presidenza del Consiglio dei Ministri relativo al DPR 27/03/1992?”.

Le indicazione fornite dalla Commissione sono di seguito riportate.

Fermo restando che il modello organizzativo è una scelta libera del datore di lavoro, l’obbligo di portare il soccorso qualificato nel più breve tempo possibile per ciascun punto della rete ferrtoviaria va inteso comprendendo anche possibili modifiche al modello organizzativo scelto dall’azienda se lo stesso determina, o può comunque determinare, tempi di intervento più lunghi o modalità meno efficaci per garantire il soccorso qualifdicato ai lavoratori interessati e il trasporto degli infortunati.

Per visionare l’interpello completo, clicca qui.


ANNO N. OGGETTO
2016 1 Assenza del DURC nei cantieri temporanei o mobili

 

La Commissione per gli interpelli, con interpello n. 1 del 21 marzo 2016, ha fornito, al Consiglio Nazionale degli Ingegneri, un parere in merito agli obblighi del committente responsabile dei lavori e dell’estensione della previsione che tratta dell’assenza del documento unico di regolarità contributiva delle imprese o dei lavoratori autonomi’. In particolare l’istante chiede di sapere:

  1. l’esatto significato della dizione “in assenza del documento unico di regolarità contributiva” ivi contenuta e, nello specifico, se la presenza di un DURC irregolare nel senso indicato equivalga ad assenza del DURC e, quindi, se i lavori possano svolgersi senza che gli uffici comunali abbiano acquisito un DURC regolare delle imprese o dei lavoratori autonomi;
  2. se sia ammissibile in tale ipotesi la sospensione del titolo abilitativo da parte delle ammimstrazioni concedenti che – nell’ambito dei compiti di autonoma richiesta del DURC introdotte con le normative di semplificazione amministrativa – al momento della ricezione del DURC irregolare prevedono a notificare al committente l’irregolarità, sospendendo l’efficacia del titolo abilitativo. Occorrerebbe, cioè, meglio chiarire quanto indicato all’art. 90, comma 10, secondo periodo, D.Lgs. 81/2008 (“L’organo di vigilanza comunica l’inadempienza all’amministrazione concedente”), che specifica una particolare ed univoca casistica applicativa della norma che si sostanzia in un accertamento connesso con sopralluogo dell’organo di vigilanza” in cantiere e quindi con il riscontro della “assenza del DURC”.

Di seguito le indicazioni della Commissione.

In merito al primo quesito l’art. 90, comma 9, del D.Lgs. n. 81/2008 stabilisce l’obbligo per il committente o per il responsabile dei lavori della verifica dell’idoneità tecnico-professionale delle imprese e dei lavoratori autonomi con le modalità di cui all’allegato XVII. Nei cantieri la cui entità presunta è inferiore a 200 uomini-giorno e i cui lavori non comportano rischi particolari di cui all’allegato XI, la suddetta verifica può essere effettuata attraverso la presentazione da parte delle imprese e dei lavoratori autonomi dei:
– certificato di iscrizione alla Camera di commercio;
– documento unico di regolarità contributiva;
– autocertificazione in ordine al possesso degli altri requisiti previsti dall’allegato XVII.

Cio posto, come meglio specificato nella recente normativa che disciplina il cosiddetto DURC on-line (DM 30/01/2015), si evidenzia che per “assenza del documento unico di regolarità contributiva (DURC)” deve intendersi il mancato rilascio, tramite la procedura on-line, dello stesso.
In altri termini se non può essere attestata la regolarità dei versamenti contributivi non viene rilasciato un “DURC irregolare” non solo perché non è previsto dal sistema di cui al DM in parola ma perché, ontologicamente, il DURC è solo regolare. Non a caso l’art. 2, co 2 e l’art. 7 del DM 30/01/2015 fanno riferimento ad un documento generato solo dopo l’esito positivo) della verifica che attesta la regolare posizione del soggetto tenuto ad effettuare i versamenti contributivi, mentre in caso di “assenza di regolarità” nell’art. 4 del citato decreto è prevista la procedura per la regolarizzazione, all’esito (positivo) della quale è possibile ottenere il rilascio del DURC.

Ne consegue che il DURC, essendo un certificato che attesta contestualmente la regolarità contributiva di un’impresa per quanto concerne gli adempimenti previdenziali, assicurativi e assistenziali INPS, INAIL e Cassa Edile, verificati sulla base delle rispettive normative di riferimento, non può essere emesso in caso di irregolarità.

Al riguardo si fa presente che mentre nell’ambito dei lavori privati, corne previsto dall’art. 90, co 9, lett. a) e b), del D.Lgs. n. 81/2008, il committente o il responsabile dei lavori deve chiedere il DURC alle imprese e lavoratori autonomi ai fini della verifica dell’idoneità tecnico-professionale, al contrario, nell’ambito degli appalti di lavori pubblici, la stazione appaltante è tenuta ad acquisire d’ufficio il DURC, sia in forza dell’art. 16 bis, co 10, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, sia in forza dell’art. 44 bis del D.P.R. n. 445/2000 in base al quale “le informazioni relative alla regolarità contributiva sono acquisite d’ufficio, ovvero controllate ai sensi dell’art. 71, dalle pubbliche amministrazioni procedenti, nel rispetto della specifica normativa di settore” (vedi Circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 12/2012).

Occorre evidenziare che, nell’ambito dei lavori privati dell’edilizia, il committente o il responsabile dei lavori non dovrà più trasmettere il DURC all’amministrazione concedente, prima dell’inizio dei lavori, comne previsto dall’art. 14, co 6-bis del Decreto Legge n. 5 del 9 febbraio 2012 convertito con la Legge n. 35 del 4 aprile 2012.

In merito al secondo quesito la Commissione ritiene che l’amministrazione concedente sospenda l’efficacia del titolo abilitativo in assenza del DURC, sia nel caso di inadempienze comunicate dall’organo di vigilanza, sia nel caso di inadempienze accertate direttamente dall’amministrazione concedente stessa.

Per visionare l’interpello completo, clicca qui.

Le informazioni raccolte nella presente sezione sono state riprese dal sito del Ministero del Lavoro.

Written by

The author didnt add any Information to his profile yet

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *