IMPIANTI ELETTRICI, IDRAULICI E TECNOLOGICI
Il rapporto n. 21/2020 pubblicato dal ISS – Guida per la prevenzione della contaminazione da Legionella negli impianti idrici di strutture turistico recettive e altri edifici ad uso civile e industriale, non utilizzati durante la pandemia COVID-19, è un documento che fornisce raccomandazioni tecniche specifiche relative alla prevenzione, controllo e gestione del rischio Legionella negli impianti idrici alla luce dell’emergenza COVID-19.
Questa guida ha lo scopo di fornire indicazioni ai responsabili di tutti gli impianti a rischio di trasmissione di Legionella di strutture turistico recettive, (rientranti nel codice ATECO 55) e altri edifici ad uso civile e industriale su come controllarne la proliferazione per evitare:
– il verificarsi di casi in ospiti e lavoratori di strutture turistico-recettive o di altri edifici alla riapertura degli impianti
– l’aggravamento dello stato di salute di pazienti già infettati da Sars-Cov-2 che potrebbero essere collocati in complessi adattati a strutture ospedaliere o per la quarantena.
In questo periodo, infatti, il ristagno dell’acqua e l’uso saltuario di alcuni impianti, potrebbero determinare un grave rischio per la trasmissione della legionellosi. Il documento è indirizzato ai responsabili/gestori di strutture turistico recettive, edifici civili, e alle autorità preposte alla tutela della salute. Le indicazioni contenute nel documento sono ad integrazione di quanto già indicato per le suddette strutture nelle linee guida nazionali per la prevenzione e il controllo della legionellosi e in accordo con il D.Lgs. 81/2008 e i dettami del DM 14 giugno 2017 inerente i piani di sicurezza dell’acqua.
La chiusura di edifici o parti di essi, il loro uso limitato o l’adeguamento/costruzione di edifici per ospitare malati o contatti di casi in quarantena conseguente alla pandemia COVID-19, se non gestita in modo adeguato, può aumentare il rischio di crescita di Legionella negli impianti idrici e nei dispositivi associati.
RADIAZIONI IONIZZANTI
Come previsto dall’art. 90, comma 4 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, il medico addetto alla sorveglianza medica, di lavoratori esposti alle radiazioni ionizzanti, provvede entro sei mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro o dalla cessazione dell’attività di impresa comportante esposizioni alle radiazioni ionizzanti a consegnare i predetti documenti sanitari personali unitamente ai documenti di cui all’articolo 81, comma 1, lettere d) ed e) del medesimo decreto all’INAIL, che assicurerà la loro conservazione nel rispetto dei termini e delle modalità previste nel presente articolo.
La nota Ministeriale 24 aprile 2020, n. 7216 ritiene che il termine di sei mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro o dalla cessazione dell’attività di impresa comportante esposizioni alle radiazioni ionizzanti, entro il quale il medico addetto alla sorveglianza medica debba provvedere alla consegna della documentazione sanitaria, possa essere eccezionalmente differito, in considerazione dell’attuale situazione emergenziale, che ha determinato l’adozione di misure straordinarie sull’intero territorio nazionale per il contenimento della diffusione del virus da COVID-19.
Pertanto, in via eccezionale la consegna dei documenti sanitari che avrebbe dovuto essere effettuata entro la data del 23 febbraio 2020 – o in scadenze successive ad essa – potrà essere ugualmente effettuata entro la data del 31 luglio 2020.
NORMATIVA AMBIENTALE (generale)
Le modifiche normative introdotte con il D.Lgs. 104/2017 alla parte seconda del Testo unico dell’ambiente prevedono che siano adottate, su proposta del SNPA, linee guida nazionali e norme tecniche per l’elaborazione della documentazione finalizzata allo svolgimento della valutazione di impatto ambientale.
La Linea Guida SNPA, 28/2020 – Valutazione di impatto ambientale. Norme tecniche per la redazione degli studi di impatto ambientale – è la risposta a tale richiesta. Fornisce uno strumento, per la redazione e la valutazione degli studi di impatto ambientale per le opere riportate negli allegati II e III della parte seconda del D.Lgs. 152/06 s.m.i.
Le indicazioni della Linea Guida integrano i contenuti minimi previsti dall’art. 22 e le indicazioni dell’Allegato VII del D.Lgs. 152/06 s.m.i, sono riferite ai diversi contesti ambientali e sono valide per le diverse categorie di opere, l’obiettivo è di fornire indicazioni pratiche chiare e possibilmente esaustive.
IGIENE E SICUREZZA SUL LAVORO
Il Rapporto ISS COVID-19 n. 25 del 15 Maggio 2020 presenta una panoramica relativa all’ambito della sanificazione di superfici e ambienti interni non sanitari per la prevenzione della diffusione dell’infezione COVID-19. Le indicazioni si basano sulle evidenze, a oggi disponibili, relativamente alla trasmissione dell’infezione da SARS-CoV-2, della sopravvivenza del virus su diverse superfici e dell’efficacia dei prodotti utilizzati per la pulizia e la disinfezione/sanitizzazione dei locali. Le indicazioni considerano anche l’impatto ambientale e i rischi per la salute umana connessi al loro utilizzo. Il documento include anche indicazioni sul trattamento del tessile da effettuarsi in loco (sia abbigliamento in prova che superfici non dure quali arredi imbottiti, tendaggi, ecc). Il rapporto precisa i termini usati nell’ambito della disinfezione chiarendo la differenza tra disinfettante, sanificante, igienizzante per l’ambiente e detergente.
IGIENE E SICUREZZA SUL LAVORO
Le violazioni del Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro non sanitari vanno ricondotte a quelle del D.Lgs. n. 81/2008.
Lo ha chiarito la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo nella nota 1104/20, indirizzata al Prefetto, alle Forze di Polizia, al Dipartimento di Prevenzione ASL, all’Ispettorato Nazionale del Lavoro, al Comando Carabinieri Tutela Salute sul Lavoro, ed ai Vigili del Fuoco, volta a fornire indicazioni sul “decalogo delle buone pratiche” che dovrebbe garantire lavoratori e produzione per la fase 2.
La precisazione della Procura bergamasca si è resa necessaria a seguito dell’emersione, da più parti, di dubbi circa la corretta applicazione dei c.d. “protocolli condivisi” siglati per garantire la sicurezza e la salute in azienda in tempi di Coronavirus.
«Il Governo», si legge, nel documento, «mediante il D.L. 19/2020, ha attribuito il potere di individuare le misure di contenimento al Presidente del Consiglio dei Ministri, che l’ha esercitato con l’emanazione dei Decreti 10 Aprile e 26 Aprile 2020, nei quali sono state espressamente individuate tali misure: esse presentano natura normativa».
«Tutte le imprese», prosegue la nota, «a far data dal 04.05.2020, devono osservare i contenuti del Protocollo condiviso, che, vista la loro natura, sono soggette, in caso di loro inosservanza, alle sanzioni amministrative di cui al D.L.19/20».
«Vista la finalità di prevenzione generale cui è ispirata la ratio della normativa in materia di sicurezza e igiene del lavoro», conclude la Procura, «si ritiene consigliabile reperire, nelle misure di contenimento contenute nel Protocollo condiviso o negli altri due protocolli, i precetti che corrispondono alle norme del D.Lgs. 81/2008. Pertanto, in caso di inadempimento alle misure contenute in uno dei protocolli e, contemporaneamente, di violazione ad una delle norme del D.Lgs. 81/2008, andrà applicata la procedura di cui all’art. 301 del D.Lgs. 81/2008 e conseguentemente le disposizioni di cui agli art. 20 e seguenti del D.Lgs. 758/1994, impartendo al trasgressore la prescrizione volta alla regolarizzazione della situazione antigiuridica».
GESTIONE RIFIUTI
ISPRA ha pubblicato le indicazioni per la classificazione e la corretta gestione, smaltimento compreso, dei rifiuti DPI usati (mascherine e guanti).
Nell’attuale contesto emergenziale, il termine DPI, anche se in modo improprio rispetto alla definizione normativa (art. 74 del D.Lgs. 81/2008), viene largamente utilizzato come sinonimo di mascherine e guanti, a prescindere dallo specifico scopo di utilizzo e dalla specifica tipologia.
Ad esempio, in base alla normativa vigente, non sono DPI le “mascherine chirurgiche” o “igieniche” sprovviste di filtro di cui alla norma UNI EN 14683, comunemente impiegate in ambito sanitario e nell’industria alimentare. Queste infatti appartengono alla categoria dei dispositivi medici e non proteggono l’operatore, bensì il paziente o l’alimento dalle possibili contaminazioni.
Ai fini della classificazione dei rifiuti, a prescindere dal fatto che tali materiali rientrino nella definizione di DPI, rimane comunque valido il concetto che gli stessi si configurano come materiali filtranti e/o protettivi.
Tenuto conto di quanto sopra riportato, nel documento dell’ISPRA il termine DPI, pur se in modo non del tutto proprio, viene utilizzato secondo l’accezione che ne viene comunemente data nell’attuale fase emergenziale.
Il documento dell’ISPRA fornisce delle indicazioni sulla possibile classificazione dei rifiuti.
ASSICURAZIONE OBBLIGATORIA CONTRO GLI INFORTUNI
L’INAIL con la circolare 3 aprile 2020, n. 13 ha dato le indicazioni operative, anche in relazione alla prima fase della situazione emergenziale legata alla diffusione pandemica da nuovo Coronavirus (SARS-Cov-2) per la tutela dei lavoratori che hanno contratto l’infezione in occasione di lavoro a seguito dell’entrata in vigore della disposizione di cui all’art. 42, comma 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 convertito, con modificazione, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27.
Con la Circolare del 20 maggio 2020, n. 22, si forniscono delle ulteriori istruzioni operative nonché dei chiarimenti su alcune problematiche sollevate in relazione alla tutela infortunistica degli eventi di contagio. La circolare, infatti, inizia precisando:
– L’art. 42, comma 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, ha anzitutto chiarito che l’infezione da SARS-Cov-2, come accade per tutte le infezioni da agenti biologici se contratte in occasione di lavoro, è tutelata dall’Inail quale infortunio sul lavoro e ciò anche nella situazione eccezionale di pandemia causata da un diffuso rischio di contagio in tutta la popolazione. Le patologie infettive (vale per il COVID-19, così come, per esempio, per l’epatite, la brucellosi, l’AIDS e il tetano) contratte in occasione di lavoro sono da sempre, infatti, inquadrate e trattate come infortunio sul lavoro poiché la causa virulenta viene equiparata alla causa violenta propria dell’infortunio, anche quando i suoi effetti si manifestino dopo un certo tempo.
– la norma dispone che l’indennità per inabilità temporanea assoluta copre anche il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria (ovviamente sempre che il contagio sia riconducibile all’attività lavorativa), con la conseguente astensione dal lavoro.
– la scelta operata con l’art. 42 è stata quella dell’esclusione totale di qualsiasi incidenza degli infortuni da COVID-19 in occasione di lavoro sulla misura del premio pagato dal singolo datore di lavoro, ciò in quanto tali eventi sono stati a priori ritenuti frutto di fattori di rischio non direttamente e pienamente controllabili dal datore di lavoro al pari degli infortuni in itinere.
Con la circolare Inail 3 aprile 2020, n. 13 è stato chiarito che la tutela Inail riguarda tutti i lavoratori assicurati con l’Istituto che abbiano contratto il contagio in occasione di lavoro e sono stati richiamati, inoltre, i principi che presiedono all’accertamento dell’infortunio nel caso delle malattie infettive e parassitarie, nelle quali come è noto è difficile o impossibile stabilire il momento contagiante.
La presunzione semplice che – si ribadisce- ammette sempre la prova contraria, presuppone comunque l’accertamento rigoroso dei fatti e delle circostanze che facciano fondatamente desumere che il contagio sia avvenuto in occasione di lavoro (le modalità di svolgimento dell’attività lavorativa, le indagini circa i tempi di comparsa delle infezioni, ecc.).
Il riconoscimento dell’origine professionale del contagio, si fonda in conclusione, su un giudizio di ragionevole probabilità ed è totalmente avulso da ogni valutazione in ordine alla imputabilità di eventuali comportamenti omissivi in capo al datore di lavoro che possano essere stati causa del contagio.
Non possono, perciò, confondersi i presupposti per l’erogazione di un indennizzo Inail, con i presupposti per la responsabilità penale e civile che devono essere rigorosamente accertati con criteri diversi da quelli previsti per il riconoscimento del diritto alle prestazioni assicurative.
In questi, infatti, oltre alla già citata rigorosa prova del nesso di causalità, occorre anche quella dell’imputabilità quantomeno a titolo di colpa della condotta tenuta dal datore di lavoro.
Pertanto la responsabilità del datore di lavoro è ipotizzabile solo in caso di violazione della legge o di obblighi derivanti dalle conoscenze sperimentali o tecniche, che nel caso dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 si possono rinvenire nei protocolli e nelle linee guida governativi e regionali di cui all’articolo 1, comma 14 del decreto legge 16 maggio 2020, n. 33.
IGIENE E SICUREZZA SUL LAVORO
Il Ministero della Salute con la Circolare 22 maggio 2020, n. 17644 ha pubblicato le indicazioni per l’attuazione di misure contenitive del contagio da SARS-CoV-2 attraverso procedure di sanificazione di strutture non sanitarie (superfici, ambienti interni) e abbigliamento. Con questa circolare il Ministero fornisce indicazioni per la sanificazione delle strutture non sanitarie, per facilitare l’approccio, da parte dei gestori delle attività, agli interventi sulle superfici e sugli ambienti interni, soffermandosi anche sul settore dell’abbigliamento.
Nella premessa viene dato un quadro generale delle azioni di disinfezione nell’ambito del D.lgs. n. 81/2008 e della legge 40/2007 (normativa che regola lo svolgimento dell’attività di sanificazione, disponendo sostanzialmente che essa si svolga nel rispetto del Dlgs n. 81/2008).
Inoltre viene evidenziato il ruolo fondamentale del distanziamento sociale e della igiene delle mani, sempre prima ed in aggiunta della corretta sanificazione di superfici e locali e della pulizia giornaliera.
La circolare evidenzia l’importanza della valutazione del contesto: tipo di postazione di lavoro, quali tipi di superfici e materiali sono presenti nell’ambiente, che uso ne viene fatto, con che frequenza gli spazi vengono frequentati e le superfici che vengono toccate.
Si tratta di determinante in modo specifico le superfici e gli ambienti dove si può verificare la maggior concentrazione del virus.
I prodotti da utilizzare devono essere attentamente valutati prima dell’impiego, per tutelare la salute di lavoratori, utilizzatori, clienti e di tutti coloro che accedono alle aree sanificate. I prodotti utilizzati a scopo di disinfezione devono essere autorizzati con azione virucida come PMC o come biocidi dal Ministero della salute, ai sensi della normativa vigente.
Con riferimento alle tipologie di disinfettanti, la circolare rinvia al documento n. 19/2020 dell’ISS e raccomanda di prestare la massima attenzione alle etichette ed alle procedure da rispettare. Fondamentale è anche il rinvio al Rapporto n. 25/2020, nella parte in cui descrive come orientarsi fra i disinfettanti autorizzati e richiama l’importanza di verificare l’efficacia virucida sull’etichetta del prodotto
La circolare affronta anche gli aspetti organizzativi della sanificazione in ambiente chiuso, evidenziando che “se il posto di lavoro, o l’azienda non sono occupati da almeno 7-10 giorni, per riaprire l’area sarà necessaria solo la normale pulizia ordinaria, poiché il virus che causa COVID-19 non si è dimostrato in grado di sopravvivere su superfici più a lungo di questo tempo neppure in condizioni sperimentali”.
Si ricorda che il Protocollo del 24 aprile 2020, allegato al DPCM 17 maggio 2020, ha previsto che nelle aree geografiche a maggiore endemia o nelle aziende in cui si sono registrati casi sospetti di COVID-19, in aggiunta alle normali attività di pulizia, è necessario prevedere, alla riapertura, una sanificazione straordinaria degli ambienti, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni, ai sensi della circolare 5443 del 22 febbraio 2020. Pertanto la sanificazione, per tutti gli esercizi che sono rimasti chiusi oltre i tradizionali 14 giorni cautelativi non abbisognano di particolari sanificazioni ma di semplice pulizia ordinaria, essendo la sanificazione riservata alle ipotesi individuate dall’Autorità in caso di particolare endemia o di presenza di un malato di COVID19.
La circolare sottolinea che la maggior parte delle superfici e degli oggetti necessita solo di una normale pulizia ordinaria.
IMPIANTI ELETTRICI, IDRAULICI E TECNOLOGICI
È stato pubblicato un aggiornamento del Rapporto ISS COVID-19 n° 5 che stabilisce le modalità e le periodicità di pulizia degli impianti di climatizzazione negli ambienti di lavoro.
Le indicazioni più rilevanti riguardano:
– Garantire un buon ricambio dell’aria (con mezzi meccanici o naturali) in tutti gli ambienti dove sono presenti postazioni di lavoro e personale, migliorando l’apporto controllato di aria primaria e favorendo con maggiore frequenza l’apertura delle diverse finestre e balconi
– Negli edifici dotati di specifici impianti di ventilazione (Unità di Trattamento d’Aria-UTA, o Unità di Ventilazione Meccanica Controllata-VMC), che movimentano aria esterna outdoor attraverso motori/ventilatori e la distribuiscono attraverso condotti e griglie/diffusori, questi impianti laddove i carichi termici lo consentano, devono mantenere attivi l’ingresso e l’estrazione dell’aria 24 ore su 24, 7 giorni su 7 (possibilmente con un decremento dei tassi di ventilazione nelle ore notturne di non utilizzo dell’edifico o attraverso la rimodulazione degli orari di accensione/spegnimento, es. due ore prima dell’apertura o ingresso dei lavoratori e proseguire per altre due ore dopo la chiusura/non utilizzo dell’edificio). Il consiglio è di proseguire eliminando, ove è possibile, la funzione di ricircolo dell’aria per evitare l’eventuale trasporto di agenti patogeni nell’aria (batteri, virus, ecc.).
– Si consiglia, dove non è possibile disattivare tale quota di ricircolo a causa delle limitate specifiche di funzionamento legate alla progettazione, di far funzionare l’impianto adattando e rimodulando correttamente la quantità di aria primaria necessaria a tali scopi e riducendo la quota di aria di ricircolo.
– Negli edifici dotati di impianti di riscaldamento/raffrescamento con apparecchi terminali locali (es. unità interne tipo fancoil), si consiglia, a seguito della riorganizzazione “anti-contagio”, di mantenere in funzione l’impianto in modo continuo (possibilmente con un decremento del livello di ventilazione nelle ore notturne) a prescindere dal numero di lavoratori presenti in ogni ambiente o stanza, mantenendo chiusi gli accessi (porte). Al tal fine si consiglia di programmare una pulizia periodica, ogni quattro settimane, in base alle indicazioni fornite dal produttore ad impianto fermo, dei filtri dell’aria di ricircolo del fancoil/ventilconvettore.
– Evitare di utilizzare e spruzzare prodotti per la pulizia direttamente sul filtro per non inalare sostanze inquinanti (es. COV), durante il funzionamento.
– Pulire le prese e le griglie di ventilazione con panni puliti in microfibra inumiditi con acqua e con i comuni saponi, oppure con una soluzione di alcool etilico con una percentuale minima del 70% v/v asciugando successivamente.
– Dove possibile in questi ambienti sarebbe necessario aprire regolarmente finestre e balconi per aumentare il ricambio e la diluizione degli inquinanti specifici. È preferibile aprire per pochi minuti più volte al giorno, che una sola volta per tempi lunghi. Durante l’apertura delle finestre mantenere chiuse le porte.
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